Giorgio Pietrostefani, chi è l’ex “ministro dell’Interno” di Lotta Continua: l’omicidio Calabresi, la latitanza

di Redazione Blitz
Pubblicato il 28 Aprile 2021 - 17:29 OLTRE 6 MESI FA
Giorgio Pietrostefani chi è

Giorgio Pietrostefani chi è (Ansa)

Giorgio Pietrostefani, chi è l’ex “ministro dell’Interno” di Lotta Continua. 78enne, tra i fondatori di Lotta Continua e responsabile del servizio d’ordine del movimento, Giorgio Pietrostefani deve scontare 14 anni, 2 mesi e 11 giorni. La condanna si riferisce all’omicidio del commissario di Polizia Luigi Calabresi.

Giorgio Pietrostefani, chi è l’ex “ministro dell’Interno” di Lotta Continua

L’ordine di esecuzione della pena della procura generale di Milano è del 5 luglio del 2008. Il mandato di cattura europeo scade il 9 settembre 2023.

Pietrostefani dunque non è nella lista dei membri delle Brigate Rosse. Con cui, lo hanno raccontato i protagonisti, Lotta Continua tenta un abboccamento nel ’71. Le Br non avevano ancora sparato. I due incontri con Renato Curcio e Alberto Franceschini, fra i fondatori delle Br, andarono male. I futuri terroristi rifiutarono di entrare in Lotta Continua come supporto al servizio d’ordine.

Figlio di prefetto era considerato un duro

Giorgio Pietrostefani ne era il capo: figlio di un prefetto in carica (ad Arezzo) era considerato un duro, di lui si diceva sarebbe diventato il Ministro degli Interni una volta al potere.

Di lì a poco le Brigate Rosse passano all’azione. Contestualmente inizia la vicenda giudiziaria di Pietrostefani.

L’omicidio Calabresi

Il 17 maggio 1972 è la data cruciale. Viene assassinato il commissario Luigi Calabresi, all’epoca bersaglio politico del movimento per la vicenda mai chiarita della morte di Giuseppe Pinelli, l’anarchico volato dalla finestra del Commissariato.

Solo nell’estate 1988 l’arresto di Ovidio Bompressi come esecutore del delitto, Leonardo Marino come complice (dalla sua confessione partì il processo), Adriano Sofri (leader riconosciuto di Lotta Continua) e Giorgio Pietrostefani come mandanti. 

Bompressi (nel frattempo deceduto), Sofri e Pietrostefani dichiarano a gran voce la loro innocenza, il caso divise l’Italia. Pietrostefani nel 1988 stava per diventare dirigente di un’azienda dell’Iri.

Nel 2000, alla vigilia della nona sentenza (quella definitiva che li avrebbe condannati) Pietrostefani si rende latitante: scappa a Parigi. 

Sulla questione “anni di piombo” e dottrina Mitterand non aveva dubbi. “È una pagina che dopo tanti anni andrebbe finalmente chiusa. L’hanno fatto tutti i Paesi del mondo, tranne il nostro”.