Giuseppe Cozzi rapinato e torturato, aguzzino è libero: “Perché non lo arrestano?”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 28 Settembre 2017 - 12:28 OLTRE 6 MESI FA
Giuseppe Cozzi rapinato e torturato, aguzzino è libero: "Perché non lo arrestano?"

Giuseppe Cozzi rapinato e torturato, aguzzino è libero: “Perché non lo arrestano?”

MILANO – Giuseppe Cozzi rapinato e torturato, aguzzino è libero: “Perché non lo arrestano?”. Questa la domanda che l’uomo, accoltellato e ridotto in fin di vita dall’ex dipendente che voleva rapinarlo, chiede ora alle autorità. L’aggressione risale al 1° gennaio 2016, quando Cozzi si trovava nel ristorante Beerbanti a Canegrate, vicino Milano, quando l’ex dipendente moldavo Ion Raileanu e due complici vi hanno fatto irruzione. L’uomo è stato accoltellato e picchiato, ma dopo oltre un anno il suo aguzzino, che è fuggito via dall’Italia e lo ha anche contattato su Facebook dicendosi innocente, è ancora libero.

Christian Sormani sul quotidiano Il Giorno scrive che Cozzi ora chiede giustizia e che gli aggressori, che sono stati identificati, vengano perseguiti:

“«Sappiamo chi sono almeno due persone su tre che quell’1 gennaio 2016 mi hanno distrutto la vita. Uno è persino su Facebook». Già, perchè oltre al danno di aver mezzo polmone lesionato e il fegato perforato, Cozzi subisce anche la beffa di vedere il suo carnefice attivo sui social media, come nulla fosse accaduto. «Mi ha addirittura contattato – ha spiegato Cozzi -., dicendo che lui non c’entrava niente. L’ho quindi invitato a tornare senza problemi in Italia, ma non mi ha mai risposto».

Ad inchiodare Ion Raileanu, moldavo classe 1990, c’è un mandato di cattura. Tante le prove schiaccianti contro l’ex aiuto cuoco del Beerbanti, la birreria bavarese luogo della “mattanza” di Capodanno. Le telecamere hanno fissato il momento esatto dell’entrata nel locale dei banditi, avvenuto alle 5,45 del mattino, dopo aver sbloccato il codice dell’antifurto che solo qualche dipendenti ed i soci del locale conoscevano. Poi l’andatura piuttosto goffa dell’uomo, che aveva problemi di deambulazione. Infine durante le minacce e le torture, il moldavo lo ha chiamato col diminutivo di “Peppo”. «Si era licenziato da noi qualche mese prima, verso settembre. A Capodanno ci ha raggiunto qui nel locale, dove lavorava la sua ragazza come cameriera. Abbiamo festeggiato e brindato insieme, poi qualche ora più tardi era qui a torturarmi insieme ai suoi amici»”.

Cozzi chiede alle istituzioni i motivi di un ritardo del genere nell’arrestare le persone che lo avevano ridotto in fin di vita.

“«Non ce l’ho assolutamente coi carabinieri, hanno sempre fatto il proprio lavoro. Mi chiedo però perchè attendere così tanto prima di arrestare un criminale del genere. Ho rischiato di morire. Forse se crepavo qualcuno si sarebbe mosso in maniera diversa e sarebbe andato a prendere il mio assassino». Cozzi ora è invalido ed i segni di quella notte li porta non solo sul corpo, ma anche nell’anima. Tradito da un ragazzo che considerava un amico, al quale per sei anni aveva dato lavoro. «Mi hanno tagliato il diaframma fino al fegato, con complicanze al polmone destro, gonfiato di botte e torturato con uno straccio bagnato. Mi hanno trascinato come un sacco della spazzatura per tutto il locale. Vederlo attivo su facebook oggi, come nulla fosse, è la cosa peggiore che mi possa capitare»