Guido Podestà, chiesti 5 anni di condanna per firme false a Regionali Lombardia

di Redazione Blitz
Pubblicato il 17 Ottobre 2014 - 12:02 OLTRE 6 MESI FA
Guido Podestà, chiesti 5 anni di condanna per firme false a Regionali Lombardia

Guido Podestà (Foto Lapresse)

MILANO –  Firme false a sostegno della lista di Roberto Formigoni alle elezioni regionali in Lombardia del 2010, la Procura di Milano ha chiesto una condanna a 5 anni e 8 mesi di reclusione per il presidente della Provincia di Milano, Guido Podestà, accusato di falso ideologico.

L’indagine riguarda la presunta falsità di 926 firme poste a sostegno della lista di Formigoni e di quella del Pdl per le elezioni regionali del 2010 e nata da un esposto penale e da una vera e propria ‘battaglia’ nelle aule dei Tribunali, anche amministrativi e civili, da parte dei Radicali.    

Il procuratore aggiunto di Milano, Alfredo Robledo, ha chiesto anche altre quattro condanne a pene comprese tra i 4 anni e 8 mesi di carcere e i 4 anni per i consiglieri regionali Massimo Turci, Nicolò Mardegan, Marco Martino e Barbara Calzavara.  

Secondo il pm, falsificando le firme per presentare il listino di Formigoni alle elezioni regionali del 2010

“è stata sottratta una libera scelta democratica ai cittadini, perché non è affatto detto che tutte le persone che sono sfilate in questa aula per dire che le loro firme erano false avrebbero scelto di dare il loro consenso elettorale a quella lista”.

Podestà ha sempre ribadito la sua totale estraneità alle accuse, ma a tirarlo in ballo, con interrogatori in fase di indagini e in aula è stata quella che era all’epoca la responsabile della raccolta firme del Pdl, Clotilde Strada, che ha patteggiato la pena).

“Il giorno precedente la scadenza del termine per la presentazione delle liste, cioè il 26 febbraio 2010, presso la sede del Pdl c’era una grande confusione (…) Nonostante tutti gli sforzi non si era raggiunto il numero minimo di firme necessarie (…) Non sapendo cosa fare chiamai Podestà, essendo lui il responsabile politico (…) Venne in sede dopo due ore circa”.

In quell’occasione, stando alla versione della Strada,

“gli ribadii che ormai avevamo raschiato il fondo del barile delle nostre possibilità, e che certamente non eravamo in grado di raccogliere le firme necessarie. Podestà mi guardò e mi disse: ‘Avete i certificati elettorali, usateli'”.

I Radicali avevano depositato in Procura anche una serie di articoli stampa: sui giornali, infatti, si raccontava che la ‘chiusura’ dei nomi dei candidati nel ‘listino’ di Formigoni era arrivata in extremis, perché, dopo una riunione ad Arcore, si sarebbe deciso di far entrare, tra gli altri, Nicole Minetti.