Mattatoio Haiti: i cadaveri non si contano, cresce la paura per gli italiani

Pubblicato il 14 Gennaio 2010 - 18:24 OLTRE 6 MESI FA

Almeno 100.000  morti per il premier, 500.000 per un senatore, 45.000 per la croce Rossa, 2 milioni di bambini coinvolti e oltre 80 italiani che mancano all’appello. Sono le cifre dell’orrore di Haiti, un Paese ridotto ad un cumulo di macerie in cui i sopravvissuti si avviano a passare la terza notte all’aperto, nelle piazze. Due giorni dopo il terremoto che raso al suolo Haiti non è ancora possibile tracciare un bilancio certo delle vittime. E ci sono almeno 80 italiani che, in 48 ore, non hanno ancora dato nessuna notizia ai loro familiari. Preoccupa, in particolare l’assenza di notizie da parte di due italiani, un uomo e una donna che, al momento della tragedia, erano ospiti dell’ Hotel Chistopher di Port-au-Prince.

ITALIANI. Col passare delle ore, quindi, il rischio che tra le vittime ci siano anche nostri connazionali aumenta. La Farnesina, fino ad ora, ne ha rintracciati un centinaio ma all’appello ne mancano almeno altri 80.  Quelli rintracciati, secondo il ministro Franco Frattini «stanno tutti bene» mentre preoccupa il lungo elenco di chi ancora non ha dato notizie. «Non vuol dire che siano morti – ha spiegato il ministro degli Esteri – Forse sono solo impossibilitati a mettersi in contatto con le famiglie perché le linee sono intasate».

ALLARME PER DUE ITALIANI DISPERSI. Si teme, in particolare, per la sorte di due italiani, un uomo ed una donna, ospiti dell’Hotel Chistopher di Port-au-Prince nel momento del terremoto, che al momento risulterebbero ancora dispersi. La notizia rimbalza da Haiti, secondo indiscrezioni raccolte da più fonti che stanno seguendo la vicenda.

Il ministero, in ogni caso, ha mandato un Funzionato sul posto con l’obiettivo di compiere una ricerca mirata dei connazionali che mancano all’appello. Il primo compito del funzionario – ha spiegato il capo dell’Unità di Crisi Fabrizio Romano – sarà quello di recarsi all’Hotel Montana, crollato nel terremoto che ha colpito Haiti, «per verificare» l’eventuale presenza di italiani.

LE VITTIME. L’impossibilità di accertare il numero delle vittime rende l’idea delle dimensioni della tragedia. Il premier di Haiti Jean Max Bellerive aveva parlato di «centinaia di migliaia di vittime», mentre il senatore haitiano di opposizione, Youri LaTortue, nipote dell’ex presidente Gerard LaTortue aveva azzardato una stima ancora più preoccupante ipotizzando 500 mila vittime. Drammatiche le stime dell’organizzazione umanitaria Save The Children che parla di due milioni di bambini coinvolti nel disastro: molti resteranno orfani o sono seriamente feriti e hanno urgente bisogno di cure. La Croce Rossa, per il momento parla di almeno 45.000 morti: una stima più ottimistica di quella del Governo ma, vista la situazione, ci vorranno giorni prima di riuscire a tracciare un bilancio verosimile dei morti.

BAMBINI. Tra i più colpiti dal disastro, in un Paese poverissimo dove il 38% della popolazione ha almeno 15 anni, ci sono i bambini. «Ovunque c’è solo distruzione – ha dichiarato Ian Rodgers di “Save the Children” – e in questo momento è difficile anche raggiungere molte delle persone ferite. Non si contano i bambini e le famiglie che hanno bisogno di un posto sicuro dove ripararsi così come di ogni bene di prima necessità. Questo è un disastro di proporzioni tali da richiedere una risposta intensiva e di lungo termine».

ONU E CASCHI BLU Tra i morti accertati, per ora, 16 funzionari delle Nazioni Unite, sepolti nel crollo del palazzo dove lavoravano e 36 caschi blu, in maggioranza brasiliani. Almeno una cinquantina i feriti, oltre 150 i dispersi. Ma gli uomini Onu impegnati nel Paese, reduce da una guerra civile, sono oltre 11.000 e molti non hanno ancora dato notizie. Si è sbriciolato il Palazzo dell’Onu e, sotto i detriti, ha perso la vita anche l’Alto Commissario ad Haiti.

SOCCORSI I soccorritori, grazie all’arrivo delle prime squadre dall’estero, continuano a scavare senza sosta. Col passare delle ore, però, il numero dei lamenti cala e scenda anche la possibilità di estrarre persone in vita. Le operazioni di soccorso, poi, sono rallentate dalle continue scosse di assestamento e dalla situazione catastrofica delle strutture sanitarie nel Paese. Gli ospedali sono stati rasi al suolo, mancano medici, farmaci e sale operatorie per gli interventi d’urgenza. Medici senza Frontiere ha allestito a Port-au-Prince quattro strutture-tenda per la cura dei feriti: ogni giorno vi arrivano 400-450 persone. Nella capitale haitiana non c’è alcuna sala operatoria funzionante: nessun ospedale è in grado di effettuare interventi chirurgici.

RISCHIO EPIDEMIE. Inoltre c’è paura per una possibile epidemia da tetano. Venerdì 15 gennaio dovrebbe entrare in un funzione una sala operatoria mobile grazie al materiale che sta arrivando a Port-au-Prince. E un ospedale da campo di Msf con due sale operatorie dovrebbe arrivare su un altro cargo nelle prossime ore, insieme a chirurghi e anestesisti. L’organizzazione internazionale di medici parla di una situazione esasperata, con cadaveri ovunque che non si sa dove mettere. Cibo, acqua e materiale per ripararsi si stanno esaurendo rapidamente e anche la benzina inizia a scarseggiare.

OSPEDALI RASI AL SUOLO. Un quadro drammatico che coincide con quello descritto da  padre Gianfranco Lovero, missionario ad Haiti che dirige l’ospedale Saint Camille nella capitale: «Arrivano disperati: uomini, donne, bambini senza braccia e senza mani». La struttura è un lazzaretto sovraffollato in cui curare i feriti è quasi impossibile: «Qui potremmo ospitare non più di cento persone. Ma ora ce ne saranno seicento. Le abbiamo sistemate, ma la situazione è drammatica. E noi siamo in pochi. Li curiamo come possiamo, ma tanti non ce l’hanno fatta: sono morti. Quando ce li portano sono già in condizioni gravissime: hanno fratture, emorragie, lesioni interne. Questo era un Paese in condizioni disastrose; adesso la situazione è disperata». Davanti agli ospedali, intanto, vengono ammonticchiati i cadaveri in attesa che qualcuno li porti via.

SCIACALLAGGIO E PREGHIERA. Gli sciacalli sarebbero già in azione nelle zone più periferiche della capitale Port au Prince. Ma, come scrive l’inviato del quotidiano La Stampa, Massimo Molinari, «nessuno è andato a controllare». I sopravvissuti, invece, si assiepano nelle piazze per pregare. C’è chi ha perso tutto, dai familiari alla casa, ma non ha perso la fede.