H&M, flashmob “Abiti puliti” organizzato da padre Cavallini

di redazione Blitz
Pubblicato il 5 Maggio 2016 - 07:00 OLTRE 6 MESI FA
H&M, flash mob "Abiti puliti". Organizzato da un sacerdote

H&M, flash mob “Abiti puliti”. Organizzato da un sacerdote

GENOVA – Flash mob contro H&M per chiedere il miglioramento delle condizioni di lavoro nelle fabbriche del Bangladesh. Ad organizzarlo un sacerdote, padre Francesco Cavallini, gesuita, con i ragazzi dei suoi gruppi di preghiera.

Lunedì primo maggio a Genova il sacerdote e i ragazzi hanno manifestato davanti al negozio H&M di via XX Settembre nell’ambito della campagna “Abiti Puliti”, spiega Licia Casali sul Secolo XIX. 

“Fare shopping è un atto morale prima ancora che economico”, ha spiegato padre Cavallini ai passanti, tenendo in un mano i volantini della campagna di sensibilizzazione e nell’altra l’enciclica Laudato sii di papa Francesco, “che praticamente in ogni pagina invita la nostra società a mettere al centro l’uomo e la sua dignità. Esattamente quello che chiediamo oggi: un mondo più solidale e più equo”.

Padre Francesco ha spiegato al quotidiano ligure le ragioni della sua protesta pacifica:

“Anche la scelta di cosa indossare può aiutarci a migliorare la società in cui viviamo. Le nostre piccole scelte, se fatte tutti insieme, possono diventare grandi e incidere sulle strategie delle multinazionali. E oggi siamo qui a chiedere con forza che una di queste promuova il cambiamento e diventi più etica. Basta leggere l‘enciclica di papa Francesco per capire perché siamo qui, l’attenzione a processi di lavoro ecologici e a condizioni di lavoro umane deve essere parte integrante della nostra spiritualità quotidiana. Nessun invito al boicottaggio: stiamo parlando di un marchio che non è peggiore di altri ma è decisamente più grande e quindi può guidare il cambiamento”.

Spiega Licia Casali sul Secolo XIX:

La mobilitazione internazionale “Abiti puliti” nasce per chiedere ad H&M di rispettare le promesse: tre anni fa il celebre brand insieme ad altre aziende aveva aderito all’accordo per la prevenzione degli incendi e la sicurezza degli edifici in Bangladesh. Un documento firmato sull’onda emotiva del crollo del Rana Plaza e della morte di 1.138 persone ma mai applicato: a oggi, spiegano le organizzazioni impegnate nella difesa dei lavoratori, solo 4 fabbriche su 1.600 sono state messe a norma. Tutte le altre sono sprovviste sia di uscite di sicurezza sia di porte tagliafuoco e in caso di incendio i lavoratori rischierebbero di rimanere intrappolati negli edifici in fiamme.