Il Corriere rivela. Berlusconi alla questura di Milano disse: “Ruby è una parente di Mubarak”

Pubblicato il 30 Ottobre 2010 - 12:53 OLTRE 6 MESI FA

La frase che ha mandato su tutte le furie Umberto Bossi e che rischia di fare naufragare nel ridicolo l’immagine del macho prostatico Silvio Berlusconi (“No sex, please, siamo italiani) è nei verbali della questura e allegata agli atti della Procura della Repubblica di Milano: c’è da voi una ragazza, questo il senso della ormai strafamosa telefonata di Berlusconi a un funzionario strabiliato, che è “parente del presidente egiziano Mubarak”.

Fa quasi tenerezza, ma è a verbale. Nella cronaca di Fiorenza Sarzanini per il Corriere della Sera, le cose, quella sera del 27 maggio 2010, poco dopo le 23, sono andate così. Ruby, 17 anni, marocchina, è nella stanza delle foto segnaletiche. L’hanno fermata perché è stata denunciata da una sua amica per il furto di 3.000 euro. Lei cerca di difendersi, giura che quei soldi sono suoi.

Racconta Fiorenza Sarzanini: “In un altro ufficio squilla il telefono del capo di gabinetto Pietro Ostuni. A chiamare è un uomo. Si qualifica come il caposcorta del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. E subito chiarisce che il motivo della telefonata è  informarsi su quanto è accaduto.  Il caposcorta, al telefono col collega”,  aggiunge: “Anche il presidente la conosce, anzi aspetta che adesso te lo passo”.

In linea c’è proprio lui, Berlusconi: “Dottore, volevo confermare che conosciamo questa ragazza, ma soprattutto spiegarle che ci è stata segnalata come parente del presidente egiziano Mubarak e dunque sarebbe opportuno evitare che sia trasferita in una struttura di accoglienza. Credo sarebbe meglio affidarla a una persona di fiducia e per questo volevo informarla che entro breve arriverà da voi il consigliere regionale Nicole Minetti che se ne occuperà volentieri».

Intervistata dal Paolo Berizzi di Repubblica, Nicole Minetti conferma: “Il presidente [Silvio Berlusconi] mi ha chiamata chiedendomi di andare in questura per risolvere la situazione. Mi sono presentata là, in veste di persona maggiorenne che conosceva Ruby. Ho spiegato che sarebbe venuta via con me. Mi sono resa disponibile, facendo da garante”.

Qualche minuto prima della mezzanotte, racconta Sarzanini, Minetti arriva in via Fatebenefratelli. Le viene spiegato che bisogna attendere il via libera del magistrato di turno al tribunale dei minori, la dottoressa Anna Maria Fiorilli. Nei casi di fermo di un minore, c’è l’obbligo di informare l’autorità giudiziaria del provvedimento e poi di attendere le sue decisioni circa la destinazione dell’indagato. Ed è quanto avviene anche quella sera, così come risulta proprio dalla relazione inviata al ministro dell’Interno Roberto Maroni. Al consigliere regionale viene comunque concesso di vedere la ragazza. Ruby le va incontro, l’abbraccia, la ringrazia per quanto sta facendo. Alle 2, esattamente otto ore dopo il fermo, la giovane marocchina torna libera. Agli atti rimane la firma di Nicole Minetti che dichiara di accettare il suo affidamento. Un impegno che non sembra essersi impegnata molto a onorare.

Berizzi fa notare alla Minetti: “Lei accetta di prendere in affido una ragazza marocchina fermata per un furto e portata in questura. Come minimo dovevate essere amiche” e ottiene questa risposta: “No, Ruby non è una mia amica e non l’ho mai ospita a casa mia. Era una persona in difficoltà e per questo ho accettato di prendermi cura di lei. La conoscevo come ho conosciuto molte persone che lavorano o si sono affacciate nello spettacolo”. Commenta Berizzi: “Nicole Minetti, bellezza mora, prima di lavorare come igienista al San Raffaele ha collezionato alcune apparizioni tv (Scorie, Colorado café).Poi, dopo l’aggressione in piazza Duomo, l’incontro con Berlusconi in ospedale. Nicole (liceo classico, laurea con 110 e lode, dieci anni passati nella scuola di danza della madre) era già iscritta al Pdl, «attratta dal carisma del Cavaliere»”.

Chiede ancora Berizzi: Può raccontare come è continuata questa vicenda dalla notte del 27 maggio a oggi?

«No, questo per ora non glielo posso dire».

Continua il racconto del Corriere della Sera. Una settimana dopo quel 27 maggio,  il 5 giugno, Ruby litiga con una sua amica brasiliana. Interviene la polizia, la giovane viene portata in ospedale dove rimane qualche giorno. Al momento della dimissione la trasferiscono in questura proprio perché si tratta di una minorenne. Si decide di contattare il consigliere Minetti proprio perché possa andare a prenderla, visto che risulta affidataria. Ma per due volte la donna non risponde e a quel punto — dopo aver nuovamente contattato il magistrato per il “nulla osta” — arriva il provvedimento per trasferirla in una casa-famiglia a Genova. Nella sua informativa al ministro, Indolfi chiarisce che «nessun privilegio è stato concesso alla ragazza perché tutte le procedure sono state rispettate» . Caso chiuso per il Viminale, come chiarisce in serata Maroni che si dice «pronto anche a riferirne in Parlamento». Ma l’indagine della procura di Milano è tutt’altro che conclusa. Moltissimi sono gli interrogativi ancora aperti.

Bisogna innanzitutto fare riscontri su chi effettivamente avvisò il presidente Berlusconi che Ruby era stata fermata ed era in questura per accertamenti: non è ancora escluso che abbia chiamato personalmente il caposcorta. In altre indagini sulle frequentazioni private del capo del governo, alcune ragazze avevano dichiarato di essere state autorizzate dallo stesso premier a contattare — in caso di necessità — direttamente il caposcorta o comunque qualcuno della segreteria. Una prassi che sarebbe stata seguita diverse volte e che anche Ruby potrebbe aver deciso di sfruttare quando ha compreso di trovarsi nei guai. E pure Nicole Minetti dovrà chiarire quale sia la reale natura del suo rapporto con Ruby, visto che prima accettò di firmare il decreto per l’affidamento della minore e poi decise di non occuparsene più.

Un pezzo di mistero sembra essere stato comunque chiarito. Ad avvertire Berlusconi è stata  una telefonata, fatta dalla ragazza brasiliana, modella e indossatrice, che all’epoca ospitava in casa la minorenne marocchina. È lei stessa a raccontare: «Avevo il numero del presidente da qualche anno, non l’avevo mai usato perché non ne avevo avuto bisogno. Quella sera però ero preoccupata per quella ragazza appena portata via dalla polizia, senza documenti, molto in difficoltà. Così ho chiamato». La telefonata, secondo questa ricostruzione, è partita mentre la donna brasiliana era davanti alla questura di Milano. Che ore erano? «Più o meno le nove, le nove e mezza».

È una testimonianza chiave per mettere ordine nei fatti di quella notte. A partire da un interrogativo. Perché lei aveva il numero di Berlusconi? «È stato lui a darmelo, dicendomi di usarlo in caso di necessità». La donna ha avuto una lunga relazione con un «uomo molto importante, amico del presidente». Ha conosciuto Berlusconi in occasione di alcune cene col suo ex fidanzato. Berlusconi, dice, «è un uomo sempre pronto ad aiutare gli altri. Per questo, alle persone che conosce bene, dà quel numero per casi di emergenza».

Altro particolare della vicenda che emerge dalle pagine del Corriere è il modo in cui l’indagine è partita:  una relazione di servizio in cui alcuni poliziotti, seppure a scoppio ritardato di parecchie settimane dal 27 maggio, misero per iscritto al pm di turno la singolarità delle «direttive superiori» che avevano fatto affidare la minore a una privata cittadina (l’ex igienista dentale del Cavaliere, Nicole Minetti) a mezzanotte qualificatasi in Questura non soltanto come «consigliere regionale» ma anche come «delegata per la presidenza del Consiglio».

Commenta il Corriere: “È stato quindi un pezzo di polizia ai piani bassi, ripescando dall’oblio una circostanza non segnalata ai piani alti di un altro pezzo di polizia, a innescare la genesi dell’inchiesta sulla 17enne che scuote ora Palazzo Chigi. Impossibile, allo stato, comprendere se la tardiva relazione di servizio degli agenti sia stata il frutto della maturazione di uno scrupolo di coscienza; o la puntata di un dissidio interno alle burocrazie di polizia; o una mossa anticipata per mettersi al riparo dall’eventuale emersione di una storiache forse, c ome aneddoto tra colleghi, iniziava a circolare a proposito della ragazza finita in Questura perché una donna asseriva di averla riconosciuta in un centro estetico come la ladra di 3 mila euro da casa sua”.