Igor il Russo, racconto della fuga: i 32 giorni verso la Spagna, i complici, la solitudine

di Alberto Francavilla
Pubblicato il 8 Marzo 2019 - 10:07 OLTRE 6 MESI FA
Igor il Russo, ecco il racconto della fuga: i 32 giorni verso la Spagna, i complici, la solitudine

Igor il Russo, il racconto della fuga: i 32 giorni verso la Spagna, i complici, la solitudine

ROMA – Il viaggio di Igor il Russo dall’Emilia-Romagna alla Spagna, il viaggio di Igor (vero nome, Norbert Feher) con due omicidi sulle spalle. La freddezza del killer rimane tale anche nel racconto ai magistrati: i 32 giorni per superare il doppio confine (Italia-Francia, Francia-Spagna), i complici, la solitudine.

“Allora… per arrivare dal confine italiano-francese al confine francese-spagnolo ci ho messo 32 giorni… con la bici e con i mezzi. Mi sono fermato dappertutto, perché ho conoscenze”. Parlando in perfetto italiano, sicuro di sé e senza concedersi emozioni, Norbert Feher, meglio conosciuto come Igor il russo, descrive dettagliatamente mentre parla in videoconferenza dalla Spagna, dov’è detenuto, la sua fuga dall’Italia cominciata verso il “20-25 maggio” 2017.

Ad aprile Igor aveva ucciso il barista di Riccardina di Budrio (Bologna) Davide Fabbri e la guardia volontaria Valerio Verri e, come si legge nei verbali del suo interrogatorio davanti al gip Alberto Ziroldi, dopo un periodo che dice di aver trascorso da una sua amica nella periferia di Bologna decide che è arrivato il momento di “cominciare ad andarmene”.

Il tragitto della fuga è tracciato con un pennarello nero su una cartina sequestrata dalle autorità spagnole dopo il suo arresto. Igor, rispondendo al pm Marco Forte, lo conferma passo dopo passo: Bologna, Ferrara, Mantova, Cremona, Piacenza, Alessandria, qui “ho comprato un computer portatile (anche questo sequestrato, ndr) da un conoscente italiano – dice – perché il mio s’è rotto durante la fuga”. Poi ancora: Cuneo, il Col di Tenda e il Col di Lombardia e il Santuario di Sant’Anna, dove passa il confine. Dopodiché attraversa la Francia: la località sciistica di Isola 2000, Nizza, Marsiglia, sempre utilizzando strade provinciali, fino ai Pirenei, per poi entrare nel territorio spagnolo del Principato di Andorra. Nei luoghi dove è stato fermato, dopo aver commesso gli omicidi di un contadino e di due agenti della Guardia Civil nel Sud dell’Aragona, Igor dice di essere rimasto “solo quattro giorni, ero in transito, perché avevo altri affari da fare”.

Il 29 settembre del 2015, nei giorni in cui vengono eseguiti gli arresti per l’omicidio del pensionato Pierluigi Tartari, il killer Norbert Feher, che non è accusato di questo reato ma conosce bene gli autori (già condannati in via definitiva), riceve una telefonata dalla Questura di Ferrara sul cellulare che aveva in uso. Si parla di questo in aula con Feher che parla in videoconferenza dalla Spagna, dov’è detenuto.

Dai verbali dell’interrogatorio Igor sembra non ricordare questa circostanza, mentre viene incalzato dalle domande del pm Marco Forte. “Mah… potrebbe essere, cioè… non mi ricordo perché… io non sono un poliziotto. Ironia della sorte – dice ridendo l’imputato – per loro sono proprio la kriptonite (intendendo il minerale che nel fumetto su Superman era la materia che poteva ucciderlo, ndr)”.

Il killer nato al confine tra Serbia e Ungheria, pronto a “mettere sotto terra” chi reagisce ad una rapina oppure a “sdraiare lui e l’altro”, riferendosi a quando sparò a Valerio Verri (ammazzato ad aprile 2017) e Marco Ravaglia (rimasto ferito), ha però un suo “codice” che gli impedisce di fare i nomi di chi lo ha aiutato a fuggire e nascondersi per mesi.

Quando il pm insiste con lui chiedendo da chi stava andando, a Valencia mentre fuggiva dalle autorità spagnole, Igor taglia corto. “Non specifichiamo perché, poi così voi… voi state cercando di incastrare, di cercare anche altri”, dice ridendo di nuovo. “Si, mi pagano per quello” risponde il magistrato, prima che Feher replichi: “Certo, a me invece mi pagano per stare in silenzio… Io non vendo”, intendendo non tradisco nessuno.

Fonte Ansa.