Ilario D’Apollonio, omicidio o legittima difesa? Preso anche il quarto rapinatore

di Redazione Blitz
Pubblicato il 5 Luglio 2013 - 12:35 OLTRE 6 MESI FA
Ilario D'Apollonio, omicidio o legittima difesa? Preso anche il quarto rapinatore

La villa di Ilario D’Apollonio, teatro della rapina e dell’omicidio di sabato 29 (LaPresse)

ROMA – Adesso Ilario D’Apollonio, l’imprenditore di 81 anni che nella notte fra sabato 29 e domenica 30 giugno ha sparato e ucciso un rapinatore, Nicolae Valentin Barbat, è indagato per omicidio volontario. “È un atto d’ufficio”, hanno fatto sapere dalla Procura. L’uomo ha reagito a una situazione difficile e il suo reato potrebbe essere riqualificato come omicidio preterintenzionale o eccesso colposo di legittima difesa.

Il fatto. Intorno alle 23.30 di sabato 29 tre uomini incappucciati entrano nella villa di D’Apollonio, sulla Nomentana, forzando una finestra. Sequestrano la moglie di 76 anni che si trova al piano di sotto a guardare la televisione. Quando D’Apollonio vede la moglie legata e imbavagliata e i banditi che la minacciano con la pistola, spara diversi colpi con il suo revolver (regolarmente denunciato). Uno di questi colpi raggiunge alla schiena e uccide Nicolae Valentin Barbat, 36 anni, incensurato.

Il giudice Antonio Marini, intervistato da Massimo Martinelli del Messaggero, ricorda che

“Ne ho trattati parecchi, di casi del genere, quando ero giudice di corte d’assise. E quando si decideva in camera di consiglio, insieme ai giudici popolari, che erano persone normali, imparavo ogni volta che casi del genere vanno affrontati cercando davvero di capire cosa poteva essere passato nella testa di chi aveva deciso di fare fuoco su un rapinatore”.

Quanto all’accusa di omicidio volontario

“Bisogna chiarire una cosa, anche se comprendo che l’impatto mediatico di una contestazione del genere può generare alcune suggestioni. Detto questo, il magistrato incaricato di fare gli accertamenti, prima di avere chiaro il quadro investigativo, solitamente ipotizza il reato più grave. E in alcuni casi è anche il modo per avere a disposizione strumenti investigativi più efficaci; e questo tutela anche lo stesso indagato. Poi, soprattutto quando si tratta di episodi come questo, il magistrato derubrica il reato quando si accorge che effettivamente non si è trattato di un omicidio volontario vero e proprio, come quelli che si verificano tra malavitosi. Quindi l’accusa di omicidio volontario diventa omicidio preterintenzionale, o colposo, oppure addirittura, si trasforma in eccesso colposo di legittima difesa. […] L’articolo 52 del codice penale è chiarissimo. Prevede che si accerti che la reazione di chi ha sparato sia proporzionata all’offesa. Se non fosse così, si finirebbe per giustificare anche un signore che si sente seguito in un vicolo, si gira e fa fuoco contro un passante colpevole solo di seguire lo stesso percorso. Non è ovviamente il caso del quale ci stiamo occupando, e ritengo che le circostanze che sono state descritte sui giornali siano sufficienti a catalogarlo in maniera differente”.

Presi tutti i rapinatori. Quella notte in via Nomentana c’era anche un quarto elemento: era il palo, che attendeva gli altri complici fuori dalla villa. I carabinieri hanno arrestato anche lui: si chiama Adrian Liviu Petrascu, ha 23 anni, incensurato. I banditi, anche se in un primo momento sono riusciti a fuggire, hanno lasciato moltissime tracce.

Tutto è iniziato quando D’Apollonio ha sparato: i tre entrati nella villa sono scappati, ma Barbat, colpito alla schiena, non ce l’ha fatta. Gli altri lo hanno lasciato lì, nel giardino. Peccato (per loro) che lui avesse in tasca le chiavi della Ford Mondeo parcheggiata fuori: era la macchina con la quale sarebbero dovuti fuggire. Nell’auto, targa rumena, c’è la carta d’identità di Barbat e i cappucci (pieni di tracce di Dna). Dal cellulare di Barbat si possono rintracciare i numeri degli altri complici. I loro telefonini risultano agganciati alla cella telefonica della zona della rapina, sabato sera. Barbat, poi, non era particolarmente prudente al telefono. Qualche giorno prima aveva inviato un sms ad una donna: “Scusa, ma non posso risponderti, sono incappucciato”. Probabilmente la banda aveva compiuto altre rapine. Di certo c’è che vivevano tutti insieme in via del Mandrione: è lì che i carabinieri, a poche ore dalla rapina, trovano due dei tre complici di Barbat, tutti rumeni, della città di Victoria.