Ilva, il governo vara il decreto: “Bonificate o ve la togliamo”

Pubblicato il 30 Novembre 2012 - 16:24 OLTRE 6 MESI FA
Lo stabilimento dell’Ilva di Taranto (Foto Lapresse)

TARANTO – Lo stabilimento dell’Ilva di Taranto continuerà a produrre. Per decreto legge. Dovrà però bonificare l’ambiente. Se non lo farà, la proprietà rischia di perdere l’azienda. A controllare che tutto avvenga bene ci sarà un garante, nominato dal presidente Giorgio Napolitano. E ogni sei mesi il ministro dell’Ambiente riferirà alle Camere lo stato di attuazione dell’Aia.

Il consiglio dei Ministri, dopo una riunione di oltre sei ore, ha varato il decreto legge che concede all’Ilva di continuare a produrre risanando nello stesso tempo l’ambiente, come prevede l’Aia, l’Autorizzazione integrata ambientale che ora ha valore di legge.

Un decreto che permette di garantire l’occupazione degli operai dello stabilimento di Taranto. Ad un patto, però: che la proprietà, cioè la famiglia Riva, investa nel risanamento ambientale. Altrimenti scatterà la procedura di amministrazione controllata.

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO: “SALVA AMBIENTE, SALUTE, LAVORO” – Per il presidente del Consiglio, Mario Monti si potrebbe parlare di un decreto “salva ambiente, salute e lavoro”. Il decreto, secondo il premier, è la “dimostrazione plastica di errori reiterati e delle incoerenze delle realtà imprenditoriali e delle pubbliche amministrazioni che si sono sottratte alle responsabilità e al rispetto della legge”.

Monti ha ricordato che “l’intervento della legge si è reso necessario in quanto il polo di Taranto è un asset strategico per l’Italia”. E poi perché “non possiamo ammettere che ci siano contrapposizioni drammatiche tra salute e lavoro, tra ambiente e lavoro e neppure è possibile che l’Italia possa dare di sé, in un sito così emblenmatico, un’immagine di inconciliabilità tra valori che sono tutti di grande importanza come occupazione, ambiente, salute e beninteso il rispetto della legge”. Ora, è l’auspicio del premier, “lavorando con le parti sociali, l’azienda, i sindacati, le istituzioni locali, si può, e speriamo che la realtà si incarichi di dimostrarlo, creare il clima serenità necessario per soddisfare tutte le esigenze”.

IL MINISTRO PASSERA: “I RIVA RISCHIANO DI PERDERE L’ILVA” – Il ministro dello Sviluppo Economico, Corrado Passera, ha sottolineato che con il decreto legge esiste la possibilità, per la proprietà, di perdere l’azienda. Passera ha spiegato che “di fronte a provvedimenti non in linea” con gli obblighi del decreto ”è possibile che variamo la procedura di amministrazione controllata: i proprietari potrebbero perdere la proprietà dell’azienda”.

L’obiettivo del governo, ha spiegato il ministro, era ”fare in modo che la proprietà, al di là dello status di questo o quell’azionista, si muovesse in direzioni di fare investimenti. E allora abbiamo introdotto norme che potrebbero togliere enorme valore a quella proprietà: se non fa quello che la legge prevede il suo bene si depaupera, e si arriva fino al punto di perderne il controllo”. Insomma, ”se non si fanno gli investimenti e gli adempimenti di legge, viene messo qualcun altro a farlo. La proprietà potrebbe perdere la proprietà dell’azienda di fronte a comportamento non coerente”.

NO DEL GIP AL DISSEQUESTRO – In una nota Palazzo Chigi spiega che al decreto si è arrivati dopo il protocollo di intesa firmato a luglio e lo stanziamento di 336 milioni di euro. “Se non verrà rispettato il piano di investimenti per il risanamento, il decreto prevederà delle sanzioni oltre ai controlli già previsti dall’Aia stessa, ha spiegato il ministro dell’Ambiente, Corrado Clini.

Solo poche ore prima dal varo del decreto il gip di Taranto aveva respinto la richiesta di dissequestro degli impianti dell’area a caldo dell’Ilva presentato dopo l’approvazione dell’Aia.

Ma veniamo all’origine della decisione del gip. Lo scorso 26 novembre, nell’ambito delle inchiesta per disastro ambientale, era stata sequestrata la produzione degli ultimi quattro mesi, tra prodotto finito e semilavorato. Il sequestro era stato disposto perché, secondo l’accusa, il prodotto era stato ottenuto usando gli impianti dell’area a caldo già sequestrati lo scorso 26 luglio.

L’istanza di dissequestro del prodotto, con divieto di commercializzazione, era stata presentata dai legali dell’Ilva per la seconda volta, dopo che una prima richiesta era stata respinta.

Il 6 dicembre, al tribunale del riesame di Taranto, sarà discussa l’istanza di dissequestro del prodotto sulle banchine del porto dello stabilimento.