TARANTO – Arriva la tregua a Taranto, dopo due giorni di scioperi e di occupazione di strade, del ponte girevole, del municipio, le proteste degli operai dell’Ilva, dopo la decisione del Gip di chiudere gli impianti per disastro ambientale, si fermano alle 7 del mattino del 28 luglio. Una tregua, un fiato sospeso da parte di quei 5mila, 7mila operai che protestano perché hanno paura di perdere il posto di lavoro. Per loro è meglio il rischio di ammalarsi si cancro che morire di fame. E che ora aspettano un cenno, una svolta che gli possa restituire l’impiego all’Ilva. Si tratta, però solo di una tregua. E’ stato fissato infatti uno sciopero di 24 ore con assemblea pubblica dalle ore 7 del 2 agosto, il giorno prima dell’udienza in cui il tribunale del riesame esaminerà il ricorso dell’azienda contro il provvedimento di sequestro e l’ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari nei confronti di otto tra dirigenti ed ex dirigenti dell’Ilva.
La tregua c’è perché, come spiegano i sindacati ”sono emersi alcuni risultati frutto della mobilitazione dei lavoratori dell’Ilva di Taranto”. Il segretario nazionale della Fim-Cisl Marco Bentivogli spiega: ”Il primo riguarda l’accelerazione della seduta del Tribunale del Riesame sui provvedimenti emessi dalla Procura. Il secondo riguarda la conferma dalla Procura che i provvedimenti di sequestro dell’area a caldo e dei parchi geominerari non sono ancora esecutivi. Il terzo è che il presidente dell’Ilva, Bruno Ferrante, ci ha comunicato la disponibilita’ dell’azienda ad affrontare i contenziosi relativi all’applicazione delle normative con uno spirito costruttivo”.
Quel posto gli operai lo rivogliono a tutti i costi, anche se varie ricerche, su cui poi si è basata la procura di Taranto per l’istanza di sequestro, hanno dimostrato che le emissioni dell’Ilva sono mortali, causano il cancro. Secondo un’ultima perizia, depositata in incidente probatorio, in 13 anni “386 decessi a Taranto sono attribuibili all’Ilva”. Secondo il perito “sono attribuibili – scrive il gip – 237 casi di tumore maligno con diagnosi da ricovero ospedaliero (18 casi per anno), 247 eventi coronarici con ricorso al ricovero (19 per anno), 937 casi di ricovero ospedaliero per malattie respiratorie (74 per anno), in gran parte nella popolazione di età pediatrica (638 casi totali, 49 per anno)”.
Ma per i lavoratori dell’Ilva quel posto che gli dà il pane quotidiano è più importante della salute, propria e dei propri cari: per questo in migliaia stanno bloccando la città da due giorni tentando di riprendersi quello che la procura di Taranto gli ha tolto. Il governo e la Regione Puglia sono con loro nell’estremo tentativo di salvare l’azienda e puntano sulla riqualificazione ambientale.
Ancora oggi il ministro dell’Ambiente, Corrado Clini, è tornato a schierarsi contro la chiusura degli impianti dell’Ilva: ”La nostra convinzione è che l’Ilva possa continuare a produrre acciaio e rapidamente allinearsi agli standard e le indicazioni dell’Ue in 4 anni”.
Il patron dell’Ilva, Bruno Ferrante, ha commentato: “Voglio esprimere la grande amarezza, mia e di tutto lo stabilimento, per le persone che oggi si sono viste notificare gli arresti domiciliari, in particolare per i 6 dirigenti dell’Ilva di Taranto, tecnici stimati a livello mondiale e che rappresentano l’eccellenza lavorativa del Sud Italia. Siamo vicini a loro e alle loro famiglie. Sono momenti davvero drammatici e carichi di emozioni – continua Ferrante – ho visto persone in stabilimento commosse e in lacrime, il cui stato d’animo comprendo e condivido. Non posso esprimermi ancora sul sequestro degli impianti – conclude Ferrante – in quanto leggerò con attenzione quanto ci prescrive la magistratura e farò le valutazioni del caso. Voglio però dire che non mancherà l’impegno, come non è mai mancato in questi anni, per tutelare in tutte le sedi opportune l’occupazione e il futuro dell’Ilva, che è patrimonio dell’intero Paese”.
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