Ilva: governo media, è tregua. Ferrante: “146 mln per l’ambiente”

Pubblicato il 17 Agosto 2012 - 09:37 OLTRE 6 MESI FA
Gli stabilimenti Ilva (Foto Lapresse)

TARANTO – Una Taranto blindata scende in piazza contro l’Ilva: oltre duemila persone si sono date appuntamento per manifestare contro il ricatto “o lavoro o salute“. Mentre la gente sfila, i vertici dell’aziende e il governo si sono seduti attorno a un tavolo per trovare una soluzione. E un barlume di speranza arriva nel primo pomeriggio quando il presidente dell’Ilva, Bruno Ferrante, annuncia che “l’Ilva si accinge a investire 146 milioni per l’ambiente: 90 milioni sono già stati finanziati e 56 verranno messi in campo”. E il governo, annuncia Nichi Vendola, non ricorrerà alla Consulta contro la decisione del giudice di bloccare gli impianti.

“Vogliamo convincere la magistratura ad aiutare un processo di ammodernamento senza la chiusura dell’impianto. Auspichiamo che non vengano prese decisioni che siano irrimediabili nelle loro conseguenze. Ci sono ancora molti tentativi da fare prima di arrivare allo spegnimento degli impianti. La collaborazione con la magistratura è e sarà totale” dice il ministro Corrado Passera.

E la risposta dei sindacati arriva a fine giornata: secondo quanto si apprende dalla Fim Cisl, in virtu’ della ”positivita”’ dell’incontro di oggi sulla questione Ilva, si punta a giorni di tregua. A partire da lunedì saranno programmate una serie di assemblee per spiegare ai lavoratori i contenuti del vertice di oggi: a colpire in positivo soprattutto la presentazione della nuova Aia entro il 30 settembre.

Intanto, secondo il Corriere della Sera, tredici tra politici e funzionari pubblici sarebbero indagati, a titolo diverso, per corruzione in atti giudiziari e concussione. Gli indagati fanno parte dell’inchiesta sulla presunta mazzetta che sarebbe stata data al consulente tecnico della procura per “addomesticare” le perizie sull’Ilva.

Manifestazione. Un corteo simbolico ha attraversato la centrale via D’Aquino. Nonostante il divieto della questura, i manifestanti hanno deciso di tenere il corteo nel momento in cui dell’inizio del vertice in prefettura con i ministri. I manifestanti hanno intonato il loro slogan “Taranto libera”, assieme a “Riva boia” e a “Noi vogliamo vivere” e “Non siamo dei burattini”. Applausi sono stati rivolti al gip Patrizia Todisco e alle vittime dell’Ilva.

Il corteo, nonostante il divieto imposto dalla questura, ha percorso un centinaio di metri: da piazza Maria Immacolata, dove era in corso l’assemblea pubblica, a piazza della Vittoria, che è a poca distanza dalla prefettura.

Vertici. Mentre fuori Taranto manifestava, dentro i palazzi ministri e piani alti dell’Ilva tentavano di risolvere la questione: bloccare l’inquinamento ridando comunque un posto di lavoro alle migliaia di operai dell’Ilva. “Non siamo inClini a morire di cancro” e ”l’industra fissa è monotona” sono alcuni degli striscioni esposti all’assemblea pubblica alla quale partecipano alcune centinaia di persone. L’incontro si tiene non lontano dalla prefettura, transennata e chiusa anche ai pedoni dopo che il questore ha vietato ogni corteo e manifestazioni davanti e nelle sue vicinanze.

Gli indagati. Scrive Fasano del Corriere della Sera:

Tutto parte dalle indagini sul gruppo siderurgico più grande d’Europa, l’Ilva. Dove i controlli, i controllati e i controllori coincidevano, dicono le carte dell’inchiesta, con un nome soltanto, Girolamo Archinà, consulente e uomo delle pubbliche relazioni dello stabilimento che il presidente Bruno Ferrante ha licenziato in tronco una settimana fa. Lo stesso della frase ormai famosa: “Io ho sempre sostenuto che bisogna pagare la stampa per tagliargli la lingua! Cioè pagare la stampa per non parlare!”.

Il Corriere della Sera riporta anche stralci dell’informativa dei finanzieri riguardo a Girolamo Archinà, consulente e uomo delle pubbliche relazioni dello stabilimento che il presidente Bruno Ferrante ha licenziato in tronco e una settimana fa.

“È evidente che l’Archinà, grazie alle sue conoscenze, riesce a perturbare l’operato degli enti pubblici riuscendo talvolta anche a pilotare i sopralluoghi e le verifiche presso Ilva”. Viene riportata una telefonata del 7 luglio 2010 fra Archinà e Pierfrancesco Palmisano, funzionario che rappresenta la Regione Puglia nelle riunioni della Conferenza dei servizi (al ministero dell’Ambiente) per istruire la pratica per il rilascio dell’Aia (Autorizzazione integrata ambientale). La Finanza scrive che “fra i due emerge un elevato grado di compiacenza”. Archinà, per esempio, chiede a Palmisano chiarimenti su un fax appena ricevuto che riguarda un imminente sopralluogo nello stabilimento. “Palmisano – dice l’informativa – lo rassicura e gli spiega che il sopralluogo potrebbe farsi all’esterno”. E gli dice anche un’altra cosa che tranquillizza Archinà “cioè il fatto che durante il controllo ci sarebbe stata una persona a lui gradita, l’ingegner Roberto Primerano”.

Giusi Fasano riporta anche un’altra comunicazione fra Archinà e il dirigente Capogrosso

che si preoccupa perché qualcuno sta andando ad eseguire sopralluoghi all’improvviso. Archinà lo rassicura: “Dandogli conferma – scrive la Finanza – di aver personalmente preso accordi con l’ingegner Antonello Antonicelli (dirigente regionale del settore ambiente ndr ). L’ingegnere gli ha assicurato che i funzionari del sopralluogo saranno portati negli uffici del secondo piano e verranno metaforicamente “legati alla sedia” senza poter fare nessuna attività ispettiva”. Dice testualmente Archinà: «Vengono all’ufficio al secondo piano e legati qua…”. E Capogrosso: “Di questo sei sicuro insomma”. “Sicurissimo”. Nella stessa telefonata si discute anche della possibilità di piazzare le centraline di controllo dentro l’Ilva: «Figuriamoci se facciamo mettere le centraline all’interno!” commenta sicuro Capogrosso con Archinà.

Secondo quanto riporta il Corriere della Sera, non sarebbe solo Archinà ad essere finito nel mirino della Finanza.

 Un lungo capitolo dell’informativa della Guardia di Finanza è dedicato al professor Giorgio Assennato, direttore generale dell’Arpa (Agenzia regionale protezione ambiente). Nelle carte dell’inchiesta c’è scritto che “come più volte emerso dall’indagine, il prof Assennato viene visto come il vero e proprio nemico dell’Ilva, considerato che con il suo rapporto sulle emissioni di benzo(a)pirene dalle cockerie ha scatenato un vero e proprio putiferio”. Il “nemico” dell’Ilva aveva certificato il raddoppio delle emissioni (rispetto ai dati precedenti) nel periodo gennaio/maggio 2010 e aveva causato l’apertura di una nuova inchiesta. Archinà se l’era presa parecchio. Tanto da scrivere una email all’avvocato Francesco Manna (allora capo di gabinetto di Nichi Vendola): “A che serve essere leali e collaborativi?”.