Inchiesta G8, indagini della Finanza sui viaggi in Tanzania di don Evaldo

Pubblicato il 3 Febbraio 2011 - 20:03 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Il sospetto, riferito da una ”fonte confidenziale” alla Guardia di Finanza di Bolzano, è che ”tramite i viaggi cosiddetti ‘umanitari’ in Tanzania, don Evaldo Biasini (il ‘don Bancomat’ dell’inchiesta sugli appalti, ndr) continui in realtà a portare denaro in contante di dubbia provenienza verso il paese africano, secondo flussi periodici ben definiti (ogni due mesi) e, allo stato, incontrollati”. E’ quanto si legge in un ‘appunto’ della Gdf di Bolzano, agli atti dell’indagine della procura di Perugia sugli appalti del G8. Don Evaldo, 84 anni, economo della ”Congregazione dei Missionari del Preziosissimo Sangue di Cristo”, è sospettato dagli inquirenti di essere una sorte di custode di fondi neri di Diego Anemone, il costruttore romano al centro delle indagini sulla ‘cricca’ degli appalti.

Ma gli accertamenti degli investigatori si sono estesi anche ad una gran quantità di movimentazioni di denaro, per somme complessive molto ingenti, che il sacerdote ha fatto nel tempo utilizzando molti conti personali o su cui poteva comunque operare. Un filone delle indagini dei pm di Perugia prende le mosse proprio da un appunto della Gdf di Bolzano (datato 29 maggio 2010) cui si è rivolta una fonte confidenziale ”che per paura di ritorsioni ha dichiarato espressamente di non volersi esporre”. La fonte, in particolare, ha riferito di aver partecipato ad una iniziativa umanitaria coordinata dal sacerdote e di essersi insospettita fin dall’inizio: mentre infatti tutti i componenti della comitiva erano sistemati in ‘economica’, il solo don Evaldo viaggiava in Business class.

Quella volta, ha detto la fonte alle Fiamme gialle, ”la comitiva era composta da 15-20 partecipanti, tutti volontari ‘reclutati’ da don Evaldo” che sarebbero dovuti rimanere circa un mese in Tanzania per un progetto finalizzato a prevenire le patologie dell’apparato digerente dei bambini. Ma fin dall’inizio ”l’atteggiamento di don Evaldo Biasini è apparso quantomeno equivoco”, ha affermato il testimone, secondo cui il sacerdote ”prima della partenza da Fiumicino ”lo aveva avvicinato – annota la Gdf – pregandolo di curare, sulla sua persona, la custodia di una busta risultata contenere 20 mila euro in contanti” da restituirgli all’arrivo in Tanzania ”per l’acquisto di beni destinati ai poveri”. Il testimone accetta avendo ”creduto in buona fede” a quanto riferitogli dal sacerdote, che avrebbe consegnato una busta con la stessa cifra ”ad ogni componente della comitiva”.

Le stranezze, a dire del testimone, sono proseguite in Tanzania, dove gli scopi umanitari non sembrano essere quelli prevalenti, al punto che quando la fonte chiede spiegazioni don Evaldo gli avrebbe risposto: ”non ti preoccupare che i tuoi studi qui non servono… la gente di qua è meglio che si faccia gli anticorpi per superare le malattie…”. E’ così che la fonte torna a casa e racconta tutto alle Fiamme Gialle, alle quali fornisce anche i nomi di alcuni appartenenti alla comitiva. Ne vengono ascoltati tre, ma solo una donna afferma che don Biasini le chiese di portare dei soldi in contanti, cosa che non avvenne ”forse perché lo stesso sacerdote la vide un po’ titubante”.

Un altro, che partecipò a sei-sette di queste missioni, ha affermato che non gli è stata mai consegnata alcuna busta ed il terzo ha detto che don Biasini ”solo in un’occasione” gli propose di portare con sé una busta con 5.000 euro, ma lui rifiutò. Non è noto se la procura di Perugia stia attualmente approfondendo questo filone d’inchiesta, ma la Gdf di Roma conclude, dopo aver sentito i tre testimoni, che ”sebbene siano state confermate alcune circostanze” (come ad esempio quella secondo cui solo il sacerdote viaggiava in business class”), ”non è stata accertata alcuna consegna di denaro da parte di don Evaldo Biasini ai partecipanti dei viaggi in Tanzania”.