ROMA – Industriali a studenti: se volete lavorare davvero allora non studiate troppo. E’ la lettera e la sostanza di un pubblico messaggio inviato a famiglie e studenti da parte del presidente dell’associazione industriali di Cuneo. Lui l’ha detta chiara e forte e in maniera pubblica e manifesta. Ma come lui la pensano in tanti, tantissimi. Soprattutto quelli che offrono posti di lavoro per mestieri e competenze che pochi giovani studiano peraltro poco. C’è lavoro insomma per chi sa fare cose che non si studiano nei Licei.
Imprenditori segnalano da tempo una distorsione maligna nell’offerta-domanda di lavoro: due milioni e ottocentomila circa disoccupati, in buona parte giovani, e decine di migliaia di posizioni, posti di lavoro per tecnici e specializzati che non si riescono a coprire, che restano vacanti.
Succede mica per caso o per disgrazia o per colpa del destino cinico e baro. Succede perché c’è un patto sociale e politico tra la gente (famiglie e studenti) e la scuola (governo, sindacati, partiti politici). Il patto è: io scuola ti consegno (praticamente a tutti) un pezzo di carta con valore legale chiamato titolo di studio, a te famiglia o studente conseguirlo costa il meno possibile, quasi niente in termini di fatica e studio. In cambio tu (famiglie e studenti) esentate me scuola dall’essere aggiornata, competente, flessibile, utile a null’altro che a fabbricare appunto pezzi di carta con valore legale.
Il patto è ancora: io scuola posso occuparmi (se mi lasciate in pace) della mia vera missione: assumere gente che altrimenti avrebbe difficile possibilità di impiego e vigilare che i precari prima o poi vadano in cattedra. Voi (vi lasciamo in pace) avrete comunque dei figli “dottori”.
E alla società italiana il patto piace, piace da sempre a mamma e papà e anche a ragazzo e ragazza diventar “dottore”. Non a caso chiunque dà del dottore a chiunque nel nostro paese, altrimenti sembra…scortese discriminazione.
Così ineluttabilmente da decenni il problema non è come sembrano pensare gli industriali che troppi giovani si iscrivano ai Licei e pochi agli Istituti Professionali. Sì, c’è anche questo. Ma è perfino marginale. All’industriale che dice se volete lavorare davvero allora studiate poco la gioventù italiana potrebbe prove alla mano rispondere: non c’è problema, già fatto!
Fresco di rilevazione un esempio tra tanti: la scuola primaria italiana non insegna più neanche a scrivere il corsivo. Si illude e illude che scrivere su una tastiera o in stampatello siano la stessa cosa che scrivere in corsivo. La scuola italiana (Ministero compreso) ignora che la scrittura è, anche nella sua manifestazione materiale, pensiero. Si ignora che la lingua prima è alimento per il cervello e per la sua capacità di conoscere e intelligere. E si ignorano i percorsi di formazione della concettualizzazione e conoscenza legati alla scrittura.
La scuola italiana tutto questo non sa o se ne frega e produce adolescenti e giovani che hanno difficoltà a comprendere linguaggio complesso anche se hanno il pezzo di carta in tasca.
Ne nasce un contrabbando di diritti acquisiti e aspettative di vita e reddito nella testa di chi frequenta la scuola italiana (e l’Università). Privati per scelta pedagogica, sociologica e sindacal-politica di opportunismo ideologico (o ideologia opportunista, fa lo stesso) di reali competenze eppur insigniti di titolo di studio. Così, tanto per fare un esempio non lontano, si creano legioni che pensano di aver diritto a posto fisso e quattromila al mese almeno leggendo dieci righe senza imbrogliarsi con le sillaba o copiando molto in fretta venti righe o anche meno da una piattaforma all’altra. Pensano questo sia il giornalismo e che gli spetti.
Ne nasce un testa-coda culturale e civile secondo cui e dopo il quale mischiare scuola e lavoro è disdicevole e decisamente poco rispettoso. Ne risulta accresciuta la fuga piccolo borghese dal lavoro manuale, fattasi via via spocchia vip-plebea contro il lavoro manuale. Ne risultano, in ultima analisi, un sacco di giovani senza lavoro che neanche si sognano di darsi le competenze per coprire i posti di lavoro per cui le aziende non trovano personale. Più facile che attendano un reddito di Stato conforme alla dignità del pezzo di carta con valore legale. In fondo glielo hanno insegnato a scuola a pensare così, fin dalle elementari.