Infermiera di Piombino, dall’ergastolo all’assoluzione: non ha ucciso lei i pazienti

di Redazione Blitz
Pubblicato il 25 Gennaio 2022 - 08:17 OLTRE 6 MESI FA
Infermiera di Piombino, dall'ergastolo all'assoluzione: non ha ucciso lei i pazienti

Infermiera di Piombino, dall’ergastolo all’assoluzione: non ha ucciso lei i pazienti FOTO ANSA

Dall’ergastolo all’assoluzione dall’accusa di omicidio plurimo volontario di una decina di pazienti. La corte di appello di Firenze ha completamente ribaltato la sentenza con cui il tribunale di Livorno condannò l’infermiera dell’ospedale di Piombino imputata di aver causato la morte di quei degenti tramite somministrazioni di eparina. La corte, dopo tre ore di camera di consiglio, l’ha assolta “per non aver commesso il fatto”.

L’arresto dell’infermiera di Piombino

L’arresto risale a marzo del 2016. L’infermiera, oggi 58enne, era presente in aula accompagnata dai familiari. Alla lettura del dispositivo è scoppiata in lacrime. “Ancora non ci credo”, ha detto uscendo dal palazzo di giustizia di Firenze. “Mi hanno accusata – ha affermato – per menzogne dette da qualcuno. Contro di me non c’era altro che queste menzogne”. La donna fu subito sospettata di aver provocato la morte di 14 pazienti, ricoverati nel reparto di rianimazione dell’ospedale di Piombino dove lei era assegnata. Nel corso delle indagini poi i casi considerati si erano ridotti a dieci.

Per l’accusa i decessi, avvenuti tra il 2014 e il 2015, sarebbero stati provocati da emorragie improvvise dovute alla somministrazione di extra-dosi di eparina. Un anticoagulante che addirittura non risultava neppure prescritto per alcuni dei deceduti. Chi lo somministrò voleva di sicuro causare la loro morte, ma adesso la corte di appello esclude che l’assassino in corsia fosse l’infermiera.

L’assoluzione dell’infermiera

Per il difensore, avvocato Vinicio Nardo, fondamentali per l’assoluzione sarebbero state le deposizioni di quattro testimoni – tra medici e infermieri dell’ospedale – che a suo tempo affermarono come l’ingresso al reparto fosse di fatto libero, cioè non limitato solo ai sanitari, peraltro muniti di badge di riconoscimento. I professionisti erano già stati sentiti anni fa in un processo civile a Livorno per il risarcimento del danno. Ma nel dicembre 2021 hanno testimoniato nel processo di appello. Il loro racconto avrebbe dimostrato che nel reparto si poteva entrare anche senza badge. Da una porta secondaria e anche da una terza porta. Dotata di apertura solo dall’interno ma che era spesso aperta.