Infermieri No Vax, bugiardi in autocertificazione: totem della privacy e della legge li proteggono

di Alessandro Camilli
Pubblicato il 26 Marzo 2021 - 12:49 OLTRE 6 MESI FA
Infermieri No Vax, bugiardi in autocertificazione: totem della privacy e della legge li proteggono

Infermieri No Vax, bugiardi in autocertificazione: totem della privacy e della legge li proteggono

Infermieri No Vax, bugiardi in autocertificazione: totem della privacy e della legge li proteggono. Ovvero il formalismo giuridico: privacy e burocrazia dalla parte del Covid. Se da un lato il vaccino è l’arma per sconfiggere l’infezione, dall’altro la Giustizia italiana si rivela impossibile e amica del virus che ha sconvolto le nostre vite.

Vietato sapere chi ha rifiutato il vaccino e senza punizione chi contravviene alle regole imposte. In Italia funziona così.

Infermieri No Vax: il caso di Lavagna

L’ultimo, in ordine di tempo, è il caso di Lavagna. Nove pazienti positivi nell’ospedale locale, contagiati da un operatore sanitario che non era vaccinato. Prima, sempre in Liguria, un altro cluster si era registrato in una Rsa a Tiglieto (Genova). Dove due operatori che lavorano all’interno della struttura avevano causato il contagio di tre pazienti.

E, prima ancora, era stato il caso del Policlinico San Martino di Genova, dove una infermiera che aveva rifiutato di vaccinarsi era risultata poi tra i positivi. “Non possiamo sapere il nome delle persone che non si vaccinano”, spiega Paolo Petralia, direttore generale della Asl 4 chiavarese. In una realtà dove il 15% dei dipendenti non ha partecipato alla campagna di vaccinazione.

No Vax: non si può sapere l’identità per la privacy

Non lo si può sapere in Liguria come non lo si può sapere in nessuna parte della penisola. A confermarlo è stato il garante della Privacy nelle ormai famigerate FAQ, le domande cioè poste per avere chiarimenti. E lì il garante ha schierato la privacy, paradossalmente, a difesa del virus.

“Il datore di lavoro non può chiedere ai propri dipendenti di fornire informazioni sul proprio stato vaccinale o copia di documenti che comprovino l‘avvenuta vaccinazione anti Covid-19″. Così ha scritto il garante. “Ciò non è consentito dalle disposizioni dell’emergenza e dalla disciplina in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. Il datore di lavoro non può considerare lecito il trattamento dei dati relativi alla vaccinazione sulla base del consenso dei dipendenti, non potendo il consenso costituire in tal caso una valida condizione di liceità in ragione dello squilibrio del rapporto tra titolare e interessato nel contesto lavorativo”.

Non si può sapere chi si è vaccinato e chi no, nemmeno se è il lavoratore stesso a volerlo comunicare, come dall’inizio della pandemia non si può sapere chi, ad esempio tra i colleghi, è risultato positivo. Cosa che avrebbe semplificato il tracciamento ma che, sempre in nome della privacy, era ed è vietata.Una soluzione, almeno per i vaccini, ci sarebbe: inserire la vaccinazione come requisito necessario per l’idoneità ad alcune professioni, quelle sanitarie su tutte.

Si potrebbe, ma sinora non è stato fatto. Non solo la privacy però inaspettata alleata dell’odiato Covid, dalla parte del virus finisce anche il formalismo giuridico che permea la nostra cultura e il nostro diritto e rende di fatto vani i controlli.

Bugiardi dell’autocertificazione: hanno ragione loro

E’ il caso delle persone fermate in zona rossa o durante il lockdown. Che, avendo presentato un’autocertificazione falsa, non sono punibili. Perché? Perché il reato non esiste e se esistesse sarebbe in contrasto con la Costituzione.

“L’obbligo di dire la verità non è previsto da alcuna norma di legge”. W, anche se ci fosse, sarebbe “in palese contrasto con il diritto di difesa del singolo”, previsto dalla Costituzione. Lo ha detto chiaro e tondo il gup di Milano, Alessandra Del Corvo. Accogliendo la richiesta della procura di Milano di assoluzione “perché il fatto non sussiste”.

Il caso era quello di un 24enne che a marzo dello scorso anno, in pieno lockdown, era stato fermato e aveva mentito, scrivendo nell’autocertificazione che stava tornando a casa da lavoro anche se quel giorno non era in turno. Non è la prima sentenza che va in questa direzione. Già a gennaio il giudice Dario De Luca, gip del tribunale di Reggio Emilia, aveva prosciolto una coppia fermata a un posto di blocco in pieno lockdown esibendo un’autocertificazione falsa, ritenendo illegittimo il dpcm anti-Covid.