Invalsi, maestre e famiglie boicottano test nelle scuole “20% scioperi”, “Falso”

di Daniela Lauria
Pubblicato il 8 Maggio 2013 - 10:14| Aggiornato il 20 Marzo 2023 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Test Invalsi, che pasticcio! Come prevedibile, allo scoccare dell’ora x sono partite le proteste e i blocchi. Ci sono le maestre in sciopero e le famiglie che non mandano a scuola i propri figli ma mentre i Cobas sventolano le bandiere sotto al ministero di Viale Trastevere, la Cgil resta a guardare. Probabilmente gli studenti arrabbiati del 2011 arriveranno solo a metà maggio, quando toccherà alle scuole superiori dare prova eccelsa di sé, ma l’assenza del sindacato ha sottratto batterie di fuoco alla protesta.

Boikot Invalsi 2013 parte in sordina. Ieri 7 maggio contestualmente all’avvio delle prove Invalsi, sono partite anche le proteste contro il pacchetto di quesiti preparati dall’Istituto di valutazione per sondare il livello di apprendimento degli studenti. Ma i conti non tornano.

I primi a cominciare sono stati gli alunni delle scuole primarie – circa 560 e 558 mila studenti delle classi II e V. Prima prova: italiano, 20 domande, 45 minuti a disposizione. Le stesse classi faranno il bis venerdì, 10 maggio, con Matematica. Si prosegue il 14 maggio con le classi prime delle Medie (589.843 studenti coinvolti) e il 16 con le seconde classi delle Superiori (553.044).

I Cobas hanno parlato di un 20% di maestre in sciopero. Ma dal Miur replicano che su 2.914 classi campione le prove sono saltate nello 0,82% delle seconde e lo 0,75% delle quinte. La distanza dei dati è dovuta al fatto che il ministero considera solo le classi campione mentre le proteste ci sono state anche nelle aule in cui i test non faranno statistica. Soprattutto tra gli insegnanti, il no alle prove Invalsi resta forte e radicato.

I Cobas, nella persona di Piero Bernocchi, definiscono i test a risposta multipla: “Una vergognosa scheda sugli alunni che spinge a giudizi sommari e discriminatori su attitudini e personalità, attuando una rilevazione di censo”. Al Regina Margherita di Roma, le maestre osservano che le domande “sono fuori dal contesto di un anno di lavoro, incapaci di cogliere la preparazione, tanto più la crescita”. All’Iqbal Masih, sempre a Roma, i genitore hanno fatto entrare i figli alla seconda ora. La giustificazione sul libretto: “Causa Invalsi”. E a Pavia, le maestre del Vallone denunciano: “Gli Invalsi sono frustranti per i bambini con un rendimento medio-basso. I quesiti sono troppo difficili”.

Eppure quest’anno, si è giustificato Roberto Ricci, responsabile dell’area prove Invalsi, “si è deciso di dare più spazio a domande aperte che consentono in matematica risposte più ricche, che favoriscano una maggiore argomentazione, per capire il ragionamento compiuto dallo studente per dare la risposta, e in italiano richiedono una comprensione complessiva dei testi puntando a considerare anche la grammatica come strumento di valutazione. Tutto ciò per individuare il lettore più competente più che quello erudito”.

Argomentazioni che non hanno affatto convinto i Cobas che dalla loro parte hanno anche alcuni intellettuali. Tra essi il filologo e storico Luciano Canfora che ha firmato l’appello e ha definito i test Invalsi “una mostruosità che può servire a premiare chi è dotato di buona memoria, non chi ha spirito critico”.

“E’ il trionfo postumo di Mike Bongiorno“, ha scherzato. Questo il ragionamento di Canfora: “Se tolgo allo studente che si sta formando l’abito alla critica, lo trasformo in un pappagallo dotato di memoria, un suddito”.