Ischia, quando sono i “territori” a volere i danni e i morti

Frane e alluvioni ce li mette la natura, sono i "territori" a mettere sotto frane e alluvioni case, cemento e umani. I territori? Cioè la gente, le istituzioni, gli elettori, i sindaci, le categorie, le abitudini e umori delle popolazioni colpite.

di Lucio Fero
Pubblicato il 28 Novembre 2022 - 09:20 OLTRE 6 MESI FA
Ischia danni morti

Ischia, quando sono i “territori” a volere i danni e i morti (foto ANSA)

E’ il 1999, sono i giorni della frana e alluvione a Sarno e Fabio Rossi docente di idrogeologia all’Università di Salerno pronuncia l’epigrafe più amara e insieme più vera, quindi indicibile, per le popolazioni colpite: “La colpa è loro ma questo non si può dire ai morti”. Ai morti no, che sarebbe impietoso, crudele, indicibile appunto. Ma neanche ai vivi pare si possa dire. Ai vivi cui andrebbe detto, gridato che la colpa è loro. Ai vivi che da decenni e sempre e ancora oggi, con il fango delle frane ancora nei mozziconi di case travolte ad Ischia, non vogliono sentire. Dire che la colpa è loro, dei cosiddetti “territori”. Territori, cioè gente che ci vive, ci abita, ci costruisce, ci lavora. Territori, cioè sindaci, amministratori, consigli comunali, personale politico regolarmente e democraticamente eletto. Territori, cioè organizzazioni di mestieri e di interessi. Territori, cioè cittadini elettori. Frane e inondazioni li manda la natura, sono i “territori” a volere i danni e i morti.

Quei due sindaci

Due sindaci, forse uno ex sindaco, due Comuni dell’Isola di Ischia. Vanno un giorno l’uno e un giorno dopo l’altro ai microfoni Rai. Il primo (Forio d’Ischia) si mostra pesantemente infastidito da quel che ha appena visto e cioè il servizio del notiziario sull’abusivismo edilizio nell’isola. Fastidio che non nasconde di sconfinare con l’ira. Espone il seguente argomento: nel 1910, nel 1912 non c’erano le case, non c’era il cemento e invece le frane ci furono. Espone dunque l’evidenza palmare a suo dire che le case e il cemento non causano le frane. Vero, in linea di massima vero. Le frane c’erano allora e anche oggi e anche domani. Sorvola, rimuove che sotto le frane e a portata di alluvione a metterci le case sono stati, sono e , secondo suo evidente assenso, sono gli uomini. Lo fanno per soldi, per ignoranza, per voluta ignoranza, per proterva e coltivata ignoranza. Non c’erano i palazzi, c’erano le frane, i palazzi non fanno frane, infatti i palazzi sotto le frane ce li hanno messi gli uomini. Come col Covid questo ragionare made in “territori”: la colpa delle sua esistenza era ed è di che ne parlava. Il secondo (Lacco Ameno) anche lui parlando alla Rai ha parole di sdegno, infastidito sdegno verso “la polemica trita e ritrita, stucchevole e fuori luogo”. Per lui l’aver costruito dove non si può abitare…Il dove non si può abitare per lui non esiste, il dove non si può è un non luogo. Lungo e sotto i declivi friabili e porosi fatti di sedimenti vulcanici non è un dove non si può, secondo gli amministratori tali per volontà popolare i “territori” costruiscono, se poi la montagna si siede sul costruito è colpa di uno Stato che non fa il miracolo (impossibile) di proteggerli. Il miracolo di proteggere i territori da se stessi.

Proteggerli, da se stessi

Ischia, dal 1988 su 2922 ordinanze di demolizione le case trappola effettivamente demolite sono state 22. Più o meno mezza l’anno. Ischia: domande di condono edilizio una ogni due abitanti, matematicamente molto più di una a famiglia, ogni famiglia. Ischia, non c’è destra o sinistra o centro che differenzi: il consenso generale, di gente e di istituzioni, è nel dire che la colpa è tutta della montagna che ogni tanto si fa cattiva, della pioggia così tanta mai vista, dello Stato che non protegge, dei nemici di Ischia…Aver messo case, villette, terrazze e cemento sotto la montagna, negli alvei, nei percorsi dell’acqua (non di rado con “materiali scadenti” nelle costruzioni come documentato da molte e non difficili indagini, a volerle fare…) non c’entra e comunque è un diritto…di sopravvivenza. Cioè di continuare a vivere, costruire, fare affari e consenso, sopravvivere come si è sempre fatto. Proteggerli da se stessi i cosiddetti territori, territori fatti di gente e istituzioni locali. Quasi sicuramente missione impossibile. Altrimenti, al prossimo giro di danni e vittime, sapere che “è colpa loro, ma non si può dire ai morti”.

Forse dovresti anche sapere che…