Istat. Corte Conti condanna vertici. Non multarono chi non rispondeva ai quesiti

Pubblicato il 20 Novembre 2012 - 14:05 OLTRE 6 MESI FA
Istat: condannati l’ex presidente e 8 dirigenti per non aver sanzionato chi rifiutava di rispondere ai questionari statistici

ROMA – L’Istat ha provocato un danno erariale allo Stato: condannati per questo a un risarcimento complessivo di 286 mila euro l’ex presidente dell’Istat, Luigi Biggeri (metà dei risarcimenti complessivi), nonché 8 dirigenti, di cui 5 ancora oggi in carica. Di cosa sono stati ritenuti responsabili?  Tra il 2002 e il 2007 (fin dove non agisce la prescrizione), non hanno sanzionato, come avrebbero dovuto, migliaia di cittadini che non hanno risposto ai quesiti posti dall’Istituto di Statistica: le mancate sanzioni hanno prodotto un danno erariale che la Corte dei Conti ha stimato in circa 192 milioni di euro.

La vicenda inizia nel 2007. Un esposto alla procura generale della Corte dei Conti ipotizza un danno per lo Stato quantificabile tra 155 milioni e 1,5 miliardi a causa della mancata applicazione delle sanzioni pecuniarie previste per chi disattende gli obblighi statistici. Rispondere ai questionari, per tutti, dai cittadini alle aziende è infatti obbligatorio. Alla fine dell’istruttoria, affidata a Salvatore Sfrecola (all’epoca vice procuratore generale e attualmente Presidente della Sezione giurisdizionale della Corte dei Conti del Piemonte), amministratori e dirigenti dell’Istat sono stati convocati in giudizio, per aver causato appunto un mancato gettito erariale di 192 milioni.

Alla fine del 2007, però, piomba sul processo una norma (difficile non definirla ad personas) licenziata dal Governo Prodi e inserita in uno dei tanti decreti milleproroghe. Con effetto retroattivo, quella legge circoscrive d’imperio l’applicazione delle sanzioni per non aver risposto ai questionari, ai soli rifiuti formali di risposta. Soluzione abbastanza cervellotica se non se ne scorge la finalità di evitare i risarcimenti ai vertici dell’Inps. Solitario oppositore della legge (e infatti non l’ha votata) l’onorevole Giorgio Carta spiegò alla Camera dei Deputati il senso della sua opposizione a un inaccettabile “indulto statistico”: “Mentre si invita a presentare i moduli per la raccolta dei dati per le rilevazioni ISTAT, si stabilisce che chi non li presenta è sanzionabile per legge. Con questa disposizione in altre parole è come se si affermasse: badate, per diventare sanzionabili dovete rispondere che non fornite i dati”. Come chiedere a un evasore fiscale di, per essere considerato tale e pagarne il fio, metterlo per iscritto.

Fallito un tentativo di dichiarare illegittima la norma (la Corte Costituzionale non lo ritenne fondato), la Corte dei Conti del Lazio ha infine deciso di concentrarsi sull’interpretazione esatta di quel “rifiuto formale alla risposta”. L’8 novembre ha comminato le condanne con questa motivazione, a proposito del rifiuto:  che esiste quando si accerta “la volontà del soggetto obbligato di non rispondere all’indagine  (la volontarietà della condotta) e non la sussistenza di un atto con il quale egli abbia comunicato tale volontà all’Istat (la forma di manifestazione di volontà)“.