Italia demografica 2043: meno 7 milioni al lavoro, più 5 di anziani. Servono 150mila migranti l’anno

Nel 2043 la popolazione in età da lavoro (15-64 anni) sarà inferiore di 6,9 milioni di persone rispetto ad oggi, e salirà il numero degli anziani di 4,8 milioni

di Redazione Blitz
Pubblicato il 29 Aprile 2023 - 11:26 OLTRE 6 MESI FA

Foto Ansa

Nel 2043 la popolazione in età da lavoro (15-64 anni) sarà inferiore di 6,9 milioni di persone rispetto ad oggi, e salirà il numero degli anziani di 4,8 milioni.

Italia 2043: meno 7 milioni in età da lavoro, più 5 di anziani

Per contrastare “almeno parzialmente” questo fenomeno, l’attuale saldo migratorio dovrebbe aumentare di almeno +150 mila persone all’anno. Emerge dall’ultima ricerca realizzata dalla Fondazione Di Vittorio della Cgil, “L’Italia tra questione demografica, occupazionale e migratoria”.

“Un calo insostenibile – avverte il presidente della Fdv, Fulvio Fammoni – che se non contrastato con interventi immediati prospetterebbe un futuro di declino cui non ci si può rassegnare”.

La diminuzione della popolazione è un fenomeno ormai consolidato con evidenti ricadute anche sul mercato del lavoro, sottolinea la ricerca della Fondazione Di Vittorio della Cgil.

“L’Italia tra questione demografica, occupazionale e migratoria”

Le previsioni probabilistiche a vent’anni (2043) segnalano una riduzione della popolazione residente di oltre 3 milioni rispetto ad oggi, come risultato di una diminuzione dei più giovani (-903 mila) e delle persone in età di lavoro (-6,9 milioni) e di un aumento degli anziani (+4,8 milioni).

Tutto questo, prosegue l’analisi, mentre il meccanismo che alimenta la crescita della popolazione “si è arrestato: il saldo naturale è negativo, mentre il saldo migratorio è positivo, ma del tutto insufficiente a compensare quello naturale. Un apporto aggiuntivo al saldo migratorio di 150 mila persone all’anno consentirebbe in vent’anni di mitigare la diminuzione della popolazione totale e ridurrebbe il calo previsto della popolazione attiva”.

“Non esiste un’unica leva – sottolinea Fammoni – ma più fattori non contrapponibili fra di loro su cui intervenire. La ricerca infatti propone dati e idee di possibili interventi per ridurre in modo accettabile il calo della popolazione in età da lavoro, estendendo a tutti diritti e opportunità e garantendo al Paese la possibilità di sviluppo economico e sociale”.