Iva, evasione di “sopravvivenza”: c’è chi è assolto e chi condannato…

di Redazione Blitz
Pubblicato il 13 Gennaio 2014 - 11:48| Aggiornato il 14 Gennaio 2014 OLTRE 6 MESI FA
Iva, evasione di "sopravvivenza": c'è chi è assolto e chi condannato...

Iva, evasione di “sopravvivenza”: c’è chi è assolto e chi condannato…

ROMA Evadere l’Iva per “sopravvivere” e salvare la propria azienda e i 100 dipendenti dai licenziamenti. Daniele Prati, imprenditore della Pradac Informatica Srl, ha scelto di non pagare l’Iva per poter mandar avanti la sua azienda ed è stato assolto. Un’azienda strozzata dalle mancate entrate, soldi per lavori in appalto allo Stato e che non sono mai stati pagati.

E se Prati è stato assolto, come altri imprenditori prima di lui, non si è salvato invece un imprenditore di Bergamo, condannato a 2 mesi di prigione. Una condanna poi commutata in una multa di oltre 3mila euro.

Storie diverse ma con un comune denominatore: la crisi. Gli imprenditori nella morsa dei debiti devono decidere: evadere l’Iva per sopravvivere o pagare e perire. Giulio De Santis sul Corriere della Sera racconta la storia di Prati, per cui la Procura aveva chiesto una condanna a quattro mesi di carcere. Il giudice Francesca Giordano ha però deciso per l’assoluzione dopo aver ascoltato le parole dell’imprenditore:

«La mia azienda era sana. Lavoravo attraverso sub appalti conferiti dalle amministrazioni statali a imprese private: abbiamo fornito consulenze informatiche all’Inps, alla Sogei, alle procure laziali ad eccezione di quella romana – ha testimoniato l’imprenditore – Ma lo Stato non onerava i suoi debiti. Di conseguenza le aziende non mi pagavano. E perché dovevo chiudere, pur fatturando 3 milioni di euro l’anno, se erano gli altri a non fare il loro dovere?»”.

La strada che porta Prati, che col fratello Claudio guida la società di consulenze informatiche, all’evasione dell’Iva nel 2009 inizia con la crisi:

“«All’improvviso i pagamenti si fermano. Non saldo l’Iva e preferisco pagare i miei dipendenti. Attenzione, non un santo. Lo faccio perché mi conviene se voglio lavorare». Il travaglio diventa un incubo quando l’imprenditore trova un ostacolo insormontabile nel sistema bancario. «Propongo all’erario un piano di rateizzazione. Lo Stato, però, me lo accetta solo a una condizione. Che la banca mi apra una fideiussione. Ovvio che il fido non mi sia concesso: i crediti che vanto sono aleatori»”.

Il rischio corso da Prati è grande, ma la sua azienda è salva e continua a dare lavoro:

“«Oggi abbiamo duecento dipendenti. Se avessi pagato l’Iva sarei morto. Adesso quel fido mi è stato concesso e ora posso saldare i debiti con il fisco»”.