Torino, parla la jogger aggredita nel parco: “Gli ho dato un pugno, così mi sono salvata”

Pubblicato il 24 Luglio 2010 - 16:27 OLTRE 6 MESI FA

“Facevo jogging, avevo Robbie Williams che mi cantava nelle orecchie. Quel tizio mi è piombato addosso e il cervello è partito all’impazzata”: la donna aggredita nel parco della Colletta di Torino mentre faceva jogging racconta quei momenti al Corriere della Sera.

“Mi ha detto “dammi i soldi” ma io l’ho capito subito che voleva me. Mi ripetevo “devo fare qualcosa, devo fare qualcosa”. Però lui aveva una forza incredibile, mi aveva immobilizzata e ordinava “non urlare o ti ammazzo a coltellate”. Più mi dimenavo più la sua mano premeva sulla mia bocca”.

Lui la ha trascinata dietro un cespuglio, “mi ha detto “faccio in fretta”, racconta la trentaduenne, ma a me sembrava che il tempo si fosse fermato e quasi ho pregato me stessa: “Avanti, inventati qualcosa”, continuavo a pensare mentre quello sembrava sempre più forte”. Alla fine quella giovane donna minuta ha trovato la forza e il coraggio di reagire: gli ha sferrato un pugno in pancia, come quelli che ha imparato a tirare alle lezioni di kickboxing, probabilmente sperando che non le sarebbero mai serviti.

L’ha colpito, con il risultato però cdi farlo arrabbiare ancora di più.”Adesso mi ammazza”, mi sono detta. E poi però ho capito che non mi importava delle sue reazioni, era ingiusto quello che mi stava facendo…”. L’ha tastato per vedere se davvero avesse un coltello come minacciava, ma non sembrava.

“Così ho finto una crisi respiratoria e lui ci ha creduto. Mi ha visto in difficoltà e ha mollato un po’ la presa, quanto è bastato per dargli un altro pugno nella pancia e urlare come una pazza finché è scappato”.

Eppure proprio lei fino a poco tempo prima andava a correre con una pistola elettrica in tasca: “L’avevo comprata dopo che un ragazzino cercò di rapinarmi del lettore Mp3, sempre in quel parco”. Quella volta per difendersi dal ragazzino le bastò parlagli: lo convinse che non valeva la pena di rapinarla e quello la lasciò in pace.

Per un po’ la pistola elettrica rimase in tasca, ma alla fine rimase in casa. “Tanto, pensavo, non mi succederà niente”. Ma è successo, “e io vorrei che non capitasse a nessun’altra. Non andrò mai più a correre da sola in un parco e vorrei che tutte facessero come me: minimo in due, ragazze. Perché uno stupro segna per sempre”.

Ora la polizia è sulle tracce dell’uomo che sarebbe stato identificato in un nordafricano che lavora in un negozio di kebab.