GENOVA – I marinai spesso disobbedivano agli ordini sulla Jolly Nero, la portacontainer finita contro la Torre Piloti del Porto di Genova il 7 maggio del 2013 uccidendo 9 persone. E’ quanto emerso dall’interrogatorio di Raffaele Paliotto, che quel tragico 7 maggio si trovava sulla plancia al momento dell’impatto e vide tutto.
Rispondendo a una domanda sul perché comandante e primo ufficiale abbiano ordinato certe operazioni “insensate”, quando i motori, dopo essersi spenti non si riavviarono, mentre la nave era in retromarcia, Paliotto spiega:
“Mettere “avanti adagio” (come fecero dal ponte della Jolly, ndr) con la macchina ferma non ha alcun senso, ma così è accaduto. Per quanto ne so, avendolo appreso dall’esperienza di tanti anni, se il motore non parte bisogna mettere la leva sullo stop, aspettare pochi secondi e riportarla sul “molto adagio”… Non è stato fatto e non so perché”.
Salvo poi rivelare che diversi anni prima un’altra nave della compagnia di navigazione Messina si trovò alle prese con un guasto simile, mancando di poco un’altra strage:
“Ricordo che il primo ufficiale (Lorenzo Repetto) ci sembrava non molto lucido – afferma Paliotto – Non è un mio giudizio personale, ma di tutto l’equipaggio, tant’è che a volte ci diceva di fare delle cose in un modo che a noi non sembrava tanto giusto; allora ci guardavamo e gli dicevamo di sì perché era il primo ufficiale, ma poi lo svolgevamo nella maniera corretta“.