La figlia non è sua, il Tribunale lo obbliga a darle il suo cognome

Pubblicato il 12 Marzo 2010 - 16:01 OLTRE 6 MESI FA

Forse un giorno le spiegheranno che l’uomo che ha sempre chiamato papà in realtà non lo è, almeno biologicamente. Ma tempi e modi non interessano ai giudici di Monza, per una bambina di 6 anni il Tribunale ha deciso che fino al compimento del diciottesimo anno di età dovrà portare il cognome lo stesso cognome con il quale è stata registrata quando è nata.

Sul suo certificato di nascita sarà scritto che quel papà non è il suo papà, ma lei fino ai 18 anni non sarà obbligata a cambiare il suo cognome. Alla maggiore età poi sarà lei che deciderà se quel rapporto di affetto e di amore potrà continuare ad essere sancito anche da un vincolo anagrafico oppure no.

La sentenza del Tribunale di Monza, che non ha precedenti, ha sancito quindi che di fronte a un disconoscimento di paternità non segue, automaticamente, la variazione del cognome del bambino. In particolare il Tribunale ha invocato «il diritto del figlio naturale di mantenere il cognome, del quale era in precedenza titolare, quando lo stesso sia divenuto un autonomo segno distintivo della sua identità personale».

La storia nasce da una separazione controversa e litigiosa di una coppia che si contendeva l’affidamento della piccola. L’animosità dei due coniugi costringe gli assistenti sociali a far intervenire il Tribunale dei minori. E’ qui che la moglie rivela che la bimba non è la figlia naturale dell’ex marito, ma è frutto di una relazione extraconiugale. Qui scatta il test del Dna che conferma quanto aveva precedentemente affermato la donna: nessun connessione biologica tra la piccola e il presunto padre.

L’uomo a questo punto disconosce la bambina. Ma il Tribunale si oppone con la sentenza di oggi. Non solo.  I giudici di Monza bacchettano la pretesa del padre di «voler continuare a mantenere il rapporto con Arianna subordinando però l’assunzione degli impegni economici alla decisione del Tribunale di confermare o meno la sua paternità» come «egoistica» e «che evidentemente mal si attaglia con il bene della bambina». Ma su questo punto, se dovrà continuare a mantenere la bimba o meno, sarà il Tribunale dei minori a doversi pronunciare.