Laura Carla Lodola, vita da reclusa della donna che pesava 15 kg

di redazione Blitz
Pubblicato il 29 Gennaio 2015 - 12:11 OLTRE 6 MESI FA
Laura Carla Lodola, vita da reclusa della donna che pesava 15 kg

Il centro di Pavia

PAVIA – Quando i soccorritori l’hanno trovata su quel letto dal quale non si alzava da almeno tre anni, era ridotta a un mucchio di ossa. Un corpo minuscolo, 15 kg appena, ricoperto di piaghe da decubito e lunghi capelli, fino ai piedi, che non venivano tagliati da anni. Laura Carla Lodola, 55 anni, è morta il 28 gennaio in un letto del Policlinico San Matteo di Pavia. Da vent’anni almeno nessuno l’aveva più vista.

Tre anni fa il fratello, così ha detto ai magistrati, aveva avvisato i servizi sociali, per segnalare la situazione. Ma dal Comune smentiscono categoricamente: “Il caso di questa signora non è mai stato oggetto di una segnalazione formale”, taglia corto Alice Moggi, assessore ai Servizi Sociali. Secondo quanto riportato dal Corriere della Sera, fu proprio il compagno di lei, Antonio Calandrini, ad opporsi sostenendo che era in grado di farcela da solo. Di sicuro il fratello non l’aveva più vista da allora. Così come un’altra sorella aveva interrotto i rapporti con lei almeno dal 2001.

Una storia angosciante e per molti versi incomprensibile. L’unica persona che le stava vicino da anni, il suo compagno, resta in carcere con l’accusa di averla fatta ridurre così. Eppure per curarla pare che si fosse messo perfino in aspettativa 4 anni fa. “Cercavo di nutrirla con il passato di verdura, non mi sono reso conto di quanto stavo succedendo”, si è difeso. Ma quando si è deciso a chiamare il 118 la situazione era ormai ad un punto di non ritorno. Al Policlinico San Matteo di Pavia, è arrivata in un tale stato di malnutrizione e di abbandono che c’è stato poco da fare. I medici si sono affannati attorno a lei, l’hanno lavata, accudita, attaccata ad una flebo, ma in meno di 48 ore Laura Carla Lodola, si è consumata come una candela, senza più energia.

Calandrini dovrà ora difendersi dalle accuse di abbandono di incapace, sequestro di persona, maltrattamenti e lesioni gravissime. Al momento appare improbabile l’imputazione di omicidio colposo. I due vivevano da anni in quell’appartamento di una palazzina di via Tasso, non lontano dal centro di Pavia.

Si erano conosciuti poco più che ventenni e dopo 9 anni erano andati a convivere in quella casa che diventerà la loro prigione. Racconta ancora il Corriere della Sera:

“Distante dalla realtà dei fatti, prigioniero di un rapporto morboso con la compagna, Calandrini aveva costruito in vent’anni un tran tran allucinante. Nessuna amicizia, nessuna frequentazione, rapporti con i parenti interrotti da tempo. Lui, portiere notturno del Collegio Nuovo (dove tutti lo ricordano come una persona gentile, educata, «con un problema in famiglia»), finito il turno si chiudeva in casa con lei. Tapparelle abbassate, niente tv, niente cellulare”.

I vicini sapevano che la donna non stava bene, anche se mai avrebbero immaginato quale fosse la tragica realtà:

“Che fine terribile – dice una vicina – ma anche volendo non potevamo fare proprio nulla: era impossibile interagire o avere un qualunque contatto o rapporto con loro”.

Forse Laura Carla era caduta in uno stato di depressione che l’ha portata man mano ad allontanarsi da tutto e lui ha pensato che avesse bisogno di stare sola per riprendersi.

“Ogni tanto da quell’appartamento arrivavano urla terribili – racconta un altro vicino – sembravano delle liti furiose e abbiamo anche chiamato le forze dell’ordine”.

Ma evidentemente non hanno mai trovato nulla per cui intervenire, oltre a mettere pace tra i due conviventi. La situazione comunque deve essere peggiorata a giugno, quando le urla terribili sono finite e probabilmente è cominciata la caduta libera di Laura Carla. Il periodo trova conferma anche da un altro particolare: da luglio Antonino aveva smesso di andare definitivamente al lavoro (per 20 anni era stato custode in un collegio) per dedicarsi solo alla sua compagna. Fino al tracollo di lunedì, quando ha chiamato il 118, perché lei non si muoveva più.