Le aspirazioni teatrali del giovane Napolitano

Pubblicato il 21 Gennaio 2010 - 13:53 OLTRE 6 MESI FA

«La vita teatrale ha per me un’importanza quasi profesionale». Siamo nel febbraio del 1943 e un giovane di 17 anni, Giogio Napolitano, confessa la sua passione artistica per la regia. La guerra, però, inibisce i sogni dei più giovani, spingendoli a «prepararsi, per fare ciò che si richiede in quel momento».

Da un baule chiuso gelosamente a chiave in uno studio medico di Forlì, tra tremila tra documenti e fotografiea, spuntano le lettere del futuro presidente della Repubblica, missive che svelano ciò che realmente Napolitano voleva fare da grande.

Le lettere furono indirizzate a un amico, prossimo dottore in pediatria oltre che animatore di tre riviste universitarie (Spettacolo, Via Consolare, Pattuslia) che fanno capo ai Gruppi fascisti (Guf), che si chiama Walter Ronchi. Proprio su una delle riviste del Guf, “Spettacolo”, Giorgio Napolitano scrive di teatro, quello di Tullio Pinelli, sulla scia di giovani che diventeranno grandi intellettuali: da Calvino a Paolo Grassi, da Strehler al giovane e ardente Testori.

Nel maggio del 1943 Napolitano scrive all’amico Ronchi inviando il programma e ritagli dei quotidiani sulla sua prima regia (“La casa sullacqua” di Ugo Betti) per sollecitare una «succosa» recensione, «dove con molto piacere vedrei pubblicata anche la fotografia».

Napolitano scrive anche quanto sia difficile fare teatro a quei tempi e soprattutto a Napoli «affrontando i rischi di un allarme o incursione aerea» tutto sommato però, dice con soddisfazione il giovane «lo spettacolo mi è andato proprio bene e ha soscitato larga eco nell’ambiente giovanile e non giovanile».

Il 2 luglio del 1943 Napolitano scrive ancora, ma questa volta preoccupato, all’amico sulle sorti di “Spettacolo”. Il regime, che da lì a poco sarebbe crollato, aveva chiuso la rivista perchè si era allontanata dagli ideali fascisti, ribellistici e moraleggianti, avvicinandosi invece ad autori di ben altri ideali come Garcia Lorca, Eluard e Picasso. «Desideravo fra l’altro l’edizione dell’Orfeo di Cocteau» rivela l’ormai diciottenne futuro capo dello Stato.