Lea Garofalo, testimone di ìndrangheta, non fu sciolta nell’acido ma bruciata

Pubblicato il 21 Novembre 2012 - 13:23 OLTRE 6 MESI FA
Lea GArofalo, uccisa dal compagno Carlo Cosco (Foto Lapresse)

MILANO – Qualche anello e una collana in un campo della Brianza: sono i pochi, piccoli indizi che testimonierebbero che il corpo di Lea Garofalo, collaboratrice di giustizia uccisa dall’ex compagno Carlo Cosco, non venne sciolto nell’acido, come si pensava, ma bruciato.

La certezza arriverà dall‘analisi del Dna. Ma le probabilità che si tratti di oggetti che appartenevano alla donna sono molto alte.

L’ipotesi che Lea Garofalo, uccisa per aver denunciato il compagno per mafia, fosse stata sciolta nell’acido era venuta fuori durante il processo. Ora questi resti, che testimonierebbero che la donna sia stata strangolata e poi carbonizzata. 

Secondo la ricostruzione che era stata fatta dalla pubblica accusa, che ha chiesto e ottenuto  la condanna all’ergastolo di sei persone tra cui Cosco, dopo il sequestro Lea Garoflo sarebbe stata raggiunta da un colpo di pistola, quindi probabilmente buttata dentro una fossa biologica di un magazzino tra Milano e Monza sciolta in 50 litri di acido.  

Lea Garofalo e il compagno Cosco, calabresi, si erano trasferiti a Milano negli anni Novanta. Lui avrebbe iniziato a frequentare il mercato dello spaccio di droga del quartiere popolare di Quarto Oggiaro. I due nel frattempo avevano anche avuto una bambina, Denise, che oggi sta per compiere 21 anni.

Lea cercò di far cambiare vita al marito, inutilmente. Nel 2002 decise di collaborare con la giustizia, raccontando quanto sapeva del giro del marito. Proprio il marito tentò di ucciderla una prima volta nel maggio 2009. Poi di nuovo,  qualche mese dopo. Questa volta ci riuscì.

Fino a ieri si pensava che il corpo della donna fosse stato sciolto nell’acido. Ora la scoperta in Brianza. Importante soprattutto per la giovane Denise.