“Legato e picchiato in caserma”, carabinieri sotto accusa a Milano

Pubblicato il 31 Dicembre 2009 - 13:40 OLTRE 6 MESI FA
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Carabinieri sotto accusa a Milano

Lo hanno picchiato con pugni e manganellate provocandogli lesioni permanenti.

È il 12 agosto 2009. In una stanza della caserma di via Montebello a Milano, sede del comando del nucleo radiomobile dei carabinieri, è notte fonda. L’uomo inginocchiato si chiama Luciano Ferrelli, 36 anni, originario di Foggia. Qualche precedente per droga, è stato l’autista-factotum di Giuseppe Aronna, il dentista dei vip con studio in via Montenapoleone arrestato nel 2007 – in manette anche Ferrelli – per una storia di carte di credito rubate e riutilizzate.

Bene inserito nella Milano dei locali notturni, poi il declino personale, segnato soprattutto dall’abuso di sostanze stupefacenti. La droga c’entra anche nella notte del 12 agosto. Ferrelli è con altre due persone, un italiano e un nordafricano. Trattano l’acquisto di dosi di eroina in una delle piazze milanesi in mano ai pusher del Corno d’Africa: ma litigano per la qualità della “roba”. Gli spacciatori, forse minacciati, forse preoccupati per il possibile arrivo della polizia, si allontanano a piedi. Restano due auto. Ferrelli e i suoi amici ne prendono una, ma non fanno molta strada: vengono fermati da una pattuglia del Radiomobile dei carabinieri. Li portano nella caserma di via Montebello.

Qui – stando a un’inchiesta avviata dalla Procura: si ipotizza il reato di lesioni gravi e gravissime per un appuntato che avrebbe agito in concorso con altri militari – Ferrelli è vittima di una violenta aggressione. Il pm Antonio Sangermano apre un fascicolo, l’ipotesi di reato è l’articolo 583, 1° e 2° comma (lesioni gravi e gravissime). È lui che avrebbe preso di mira l’uomo. Forse, secondo le indagini affidate alla sezione di polizia giudiziaria della Procura – e ancora in corso – non da solo.

Nell’avviso di garanzia (con invito a comparire davanti al magistrato) il pm Sangermano scrive che l’appuntato avrebbe agito “in concorso con altri pubblici ufficiali”.

Le botte subite – è scritto nel rapporto dell’Istituto di medicina legale di Milano, allegato agli atti – gli hanno procurato “l’incapacità ad attendere alle mansioni originarie”, con una “prognosi superiore a 40 giorni”. Motivata con un “indebolimento permanente dell’organo della masticazione e della prensione”, con una “deformazione dello spettro facciale mediante avulsione dell’incisivo anteriore con caratteristiche proprie dello sfregio permanente”.

Una volta ammanettato dietro la schiena e con la bocca tappata dal nastro da pacco, Ferrelli sarebbe stato costretto a inginocchiarsi e poi colpito con pugni al volto (gli è caduto un dente) e con una raffica di manganellate sulle spalle, sulle mani e sui piedi. Al pestaggio in caserma assistono anche gli altri due uomini fermati. Negli interrogatori, uno, l’italiano, conferma tutto; l’altro, il nordafricano, è reticente. Alle prime luci dell’alba Ferrelli viene trasferito nel carcere di San Vittore con l’accusa di resistenza a pubblico ufficiale. Condannato per direttissima, è tuttora dietro le sbarre. In merito al presunto pestaggio Repubblica ieri ha contattato il comando del reparto operativo dei carabinieri, che ha ritenuto di non rilasciare dichiarazioni.