Legge sul gioco, a Bari lavoratori protestano: a rischio il 90% delle sale slot

di Redazione Blitz
Pubblicato il 5 Giugno 2019 - 13:31 OLTRE 6 MESI FA
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Legge sul gioco di Stato, a Bari lavoratori protestano: a rischio il 90% delle sale slot

BARI – “La mia paura più grande è che non ci sia un futuro per noi. Non voglio il reddito di cittadinanza, non voglio stare a casa, seduta sul divano in attesa che lo Stato mi dia i soldi. Voglio lavorare e voglio continuare a fare questo mestiere. La ludopatia non si combatte con il distanziometro”. Francesca, ha 32 anni, è mamma di due bimbi e sta urlando la propria disperazione a Bari, davanti alla sede del Consiglio regionale. E lo sta facendo oggi, 5 giugno, perché l’Assemblea pugliese dovrà affrontare la discussione sulla legge sul gioco di Stato.

Nell’ottobre dello scorso anno, è stata concessa una proroga semestrale per la scadenza delle licenze rilasciate prima della legge del 2013. Ora la proroga sta per scadere. La la richiesta di sindacati e lavoratori è che venga rivisto il distanziometro – ovvero il divieto di installare prodotti di gioco entro 500 metri da luoghi sensibili, come scuole o ospedali – e su cui, nel marzo scorso, è intervenuto il consigliere Mimmo Santorsola (Noi a sinistra per la Puglia) proponendo non solo di dimezzare il distanziometro da 500 a 250 metri e ma anche di ridurre l’elenco dei luoghi sensibili. “C’è una legge regionale che dovrebbe entrare in vigore con la proroga il 15 giugno che prevede un distanziometro e questo comporta la chiusura del 90 per cento delle imprese del settore”, spiega Antonio Arcadio, segretario generale di Fisascat Cisl Puglia.

Francesca è una dei ventimila addetti del settore che ha un giro di affare che si aggira attorno ai “dieci/ dodici milioni di euro – continua il sindacalista – ognuna delle province pugliesi fattura oltre mezzo milione di euro. Basta solo dire che una sala bingo di Taranto fa 18mila euro di fatturato solo alla sera”. In Aula dovrebbe approdare un distanziometro dimezzato, lavoratori e sindacati però sono cauti. “Chiediamo che la Regioni trovi alternative per le prossime aperture a cui potrebbero applicare il distanziometro lasciando alle imprese che esistono già adesso, le vecchie normative”, conclude Arcadio. (fonte AGI)