Legge Severino: da Corte Costituzionale no a De Magistris

di Edoardo Greco
Pubblicato il 20 Ottobre 2015 - 19:29 OLTRE 6 MESI FA
Legge Severino: da Corte Costituzionale no a De Magistris

© Marco Merlini / LaPresse: Luigi de Magistris

ROMA – La Corte Costituzionale ha respinto il ricorso del sindaco di Napoli Luigi De Magistris sulla legge Severino. La vicenda processuale del sindaco continua, ma adesso c’è il rischio che venga un’altra volta sospeso dalla carica. La Corte Costituzionale ha giudicato come infondato il ricorso presentato sulla legge Severino e in particolare sulle norme relative alla sospensione degli amministratori locali condannati, anche in via non definitiva, per determinati reati.

La Corte costituzionale – spiega una nota – ha giudicato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 11, comma1, lett. a) del decreto legislativo n.235 del 2012, in relazione all’art. 10, comma 1, lett. c) dello stesso decreto legislativo, sollevata dal Tribunale Amministrativo della Campania, Sezione prima, in riferimento agli artt. 2, 4, secondo comma, 51, primo comma e 97, secondo comma della Costituzione. E ora De Magistris che farà? Scrive Roberto Fuccillo su Repubblica Napoli:

Due giorni cruciali per il sindaco di Napoli. Luigi de Magistris ha appena ricevuto la sentenza della Corte costituzionale sulla legittimità della legge Severino e domani conoscerà il verdetto sul processo d’Appello dopo la condanna per abuso di ufficio, ricevuta in primo grado per l’indagine Why not”. L’esito dei due passaggi potrebbe riproporre la sospensione del primo cittadino oppure liberarlo per sempre da qualunque angoscia e provvedimento a suo carico e lanciarlo verso la campagna elettorale per le comunali del 2016.

“Sono tranquillo, la battaglia giuridica che stiamo facendo è una battaglia giusta”. Pare sereno il Luigi de Magistris della vigilia. Tecnicamente la sentenza della Consulta di oggi riguarda la sua vicenda, il suo ricorso contro la legge Severino. Ma, come lui stesso dice, “sono sicuro che riusciremo, nei prossimi passaggi istituzionali, a vedere riconosciute le mie ragioni”. L’uso del plurale sui “passaggi istituzionali” è giustificato dal fatto che nella sua agenda c’è non solo l’udienza oggi della Consulta, ma anche, se non di più, quella del Tribunale di Roma, dove domani parte il processo di appello a suo carico, e dove il fatto che nessuno fin qui abbia avanzato istanza di rinuncia alla prescrizione fa sì che – qualunque sia il verdetto penale – la Severino ne abbia le ali tarpate.

Si tratta del processo che ha innescato tutta la vicenda: la condanna in primo grado per abuso d’ufficio durante l’inchiesta ” Why not”, condotta da de Magistris quando era ancora magistrato ne determinò poi la sospensione da sindaco in base alla legge Severino. Poi il ricorso al Tar e il reintegro, in attesa del pronunciamento della Corte richiesto proprio dal Tar. Ma, come dice il sindaco stesso, “ho subito una gravissima ingiustizia e attendo la decisione della Corte d’Appello che, per me, è molto importante, anche più di quella della Corte Costituzionale “. Inoltre conferma di non volere la prescrizione, che pure risulterebbe già applicabile, piuttosto “i miei avvocati chiedono l’assoluzione perché il fatto non sussiste o, in subordine, per non aver commesso il fatto”.

Una linea che punta alla assoluzione, anche perché una eventuale prescrizione non cancellerebbe possibili strascichi del processo in sede civile. Allo stato però nessuno ha ancora formulato la possibile rinuncia alla prescrizione stessa. Dunque, sia che il sindaco ottenga l’assoluzione (comunque dovuta se il giudice ne ravvisa gli estremi) sia che scatti la prescrizione, la Severino sarà comunque inapplicabile. Ecco perché de Magistris in sostanza punta a risolvere la questione alla radice, a prescindere da ciò che la Consulta dirà oggi sulla norma che giusto un anno fa ne casusò la sospensione. I suoi legali hanno comunque anzi presentato nei giorni scorsi alla Consulta una ulteriore memoria, nella quale si ritiene che la sospensione abia “natura sanzionatoria-afflittiva”, che può essere letta come “sanzione anticipata ” e alterare così “la corretta e libera concorrenza elettorale”. Dall’altro lato il governo si è costituito in giudizio, opponendo che la norma ha “natura essenzialmente cautelare” e che comunque sussiste un “equilibrato contemperamento degli interessi in gioco”.