Lele Mora deperito: in cella ha perso 20 chili. Scarcerato?

Pubblicato il 26 Settembre 2011 - 09:36 OLTRE 6 MESI FA

MILANO – Lele Mora ha perso 20 chili da quando è in carcere: l’avvocato di Mora, Luca Giuliante, ha lanciato un appello che è stato ripreso da La Stampa in cui ha chiesto l’immediata scarcerazione del suo assistito.

Eppure, spiega Paolo Colonnello sul quotidiano torinese, inizialmente la situazione del cosiddetto “impresario dei vip” non sembravano così drammatiche: “le visite in sala colloqui di Platinette e di un paio di tronisti, rimasti affezionati al loro pigmalione, riportavano l’immagine di un uomo cambiato, e non solo fisicamente, sereno”.

Ma quella che all’inizio poteva essere considerata quasi una cura preoccupante, ora, prosegue a preoccupare: “chi l’ha visto racconta che è diventato l’ombra di se stesso, Lele Mora, in carcere da 4 mesi, inizia a preoccupare. Tanto che i giudici hanno preso in considerazione un’istanza del suo legale, che chiede con urgenza visite specialistiche e che venga riconsiderata l’ipotesi di un regime carcerario meno duro, magari con la concessione, negata due settimane fa dal tribunale del riesame, di arresti domiciliari”.

Secondo l’avvocato Mora “durante il periodo di detenzione è stato colto da alcuni malori, l’ultimo dei quali pochi giorni fa, che hanno indotto l’intervento dei sanitari e la segnalazione da parte dei difensori ai Pubblici Ministeri”. Per Giuliante la causa del malessere è da ricercare nello scandalo Rubygate, in cui Mora è stato coinvolto: “angosciato da problemi familiari, attanagliato da verbali che lo hanno costretto a tagliare i ponti con una delle sue amicizie più collaudate, quella con Emilio Fede che ha accusato di «strozzinaggio» sui «prestiti» ottenuti da Silvio Berlusconi”

In realtà Mora si trova in carcere perché accusato di concorso in bancarotta fraudolenta per il fallimento della sua società, la L&M Management. La permanenza in carcere di Mora è stata reputata necessaria dal tribunale perché non sarebbe stato reciso quell’ipotetico «vincolo criminale» che lo potrebbe portare, secondo le accuse, a inquinare le prove.