Il giudice condannato per corruzione che continua a fare il giudice

Pubblicato il 15 Ottobre 2012 - 11:43 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Condannato in primo grado per corruzione, il giudice continua a stare al suo posto e ad emettere sentenze. Ma si può fare? Per la legge sì, poiché non è prevista una sospensione automatica. E poi c’è quel principio di fondo e ineliminabile del diritto, quello che vuole un imputato innocente fino a condanna definitiva. Principio che nessuna “indispensabile” (come detto dal ministro Severino, legge sulla corruzione potrà in alcun modo intaccare.

Come riporta La Stampa, il protagonista è Luigi Passanisi, presidente del Tar Marche. Una settimana fa è stato condannato in primo grado a tre anni e sei mesi di reclusione (il pm ne aveva chiesti sei). Il reato è corruzione in atti giudiziari e il magistrato è stato riconosciuto colpevole di aver “venduto” una sentenza del Tar di Reggio Calabria nel 2005, quando ne era presidente.

Il presunto corruttore, condannato a quattro anni, è Amedeo Matacena, imprenditore e deputato di Forza Italia dal 1994 al 2001, già coinvolto in un’inchiesta per concorso esterno in associazione mafiosa, nella quale dopo un’assoluzione annullata dalla Cassazione è stato condannato in secondo grado a cinque anni. Secondo la Procura e il tribunale, Passanisi aveva accettato la promessa di ricevere 200 mila euro dal deputato per favorire le sue società di navigazione in alcuni ricorsi contro l’Ufficio marittimo.

Giuseppe Salvaggiulo per La Stampa ricostruisce:

Il processo si è concluso con altre sei condanne, tra cui quella della moglie dell’alto magistrato, Graziella Barbagallo, a un anno e otto mesi, per accesso abusivo ai sistemi informatici in concorso con Agatino Sarrafiore, ex comandante provinciale della Finanza, a sua volta condannato a otto mesi in appello per rivelazione di segreto d’ufficio. Secondo il pm, la moglie di Passanisi aveva chiesto aiuto al finanziere, insospettita da quanto capitato al figlio. Il ragazzo si era imbattuto in una pattuglia di carabinieri che cercavano di piazzare una microspia nell’auto del padre.

Di fronte all’imprevisto incontro, i militari avevano simulato un controllo anti rapina, ma il ragazzo non l’aveva bevuta. Preso il numero di targa dell’auto dei carabinieri, lo aveva passato alla madre, che si era rivolta al finanziere per un controllo nelle banche dati delle forze dell’ordine, rivelatore dell’indagine sul marito.

La legge, ovviamente, dà ragione al giudice. Eppure qualcosa che stride e lascia pensare c’è. Perché se formalmente Passanisi è ancora innocente resta l’ombra di una condanna in primo grado, che è qualcosa più di un sospetto. Resta un giudice che continua a poter emettere sentenze quando è “qualcosa più che sospettato” di averne venduta almeno una in passato. Davvero una sospensione è così impossibile da prevedere?