“Ostacolato dai baroni”: il ‘re dei trapianti alla trachea’ Macchiarini senza cattedra. Gli spetterebbe per ‘chiara fama’

di Veronica Nicosia
Pubblicato il 31 Gennaio 2011 - 14:17| Aggiornato il 1 Agosto 2011 OLTRE 6 MESI FA

Paolo Macchiarini

Firenze – Il chirurgo fiorentino Paolo Macchiarini, celebre poiché l’unico ad eseguire trapianti di trachea nel mondo, continua a ricevere offerte di lavoro da università e ospedali internazionali, come il Karolinska Institute di Stoccolma, ma viene deliberatamente ignorato dalla sua amata Firenze e dalla società medica italiana, il cui sistema di baronie  gli ha negato l’accesso alle univesità nostrane.

Macchiarini è l’ennesimo caso di ‘fuga dei cervelli’, medico che nel 2008 eseguì a Barcellona il primo trapianto di trachea al mondo e che fu riportato sulla rivista scientifica The Lancet. Articolo che fu letto dall’assessore alla Sanità toscana Enrico Rossi, il quale richiamò macchiarini in Italia, non tenendo conto del fatto che nel nostro paese non è il merito che viene premiato.

E così giunti al 2011 il brillante medico, il ‘re dei trapianti di trachea’, non occupa ancora quella cattedra vacante alla facoltà di Medicina di Firenze per il quale era stato richiamato in Italia, e di cui ha pieno diritto anche in merito alle disposizioni della legge Gelmini del 2009, che dovrebbe facilitare il percorso per ‘chiara fama’.

La commissione che deve valutare Macchiarini infatti ancora non si pronuncia, mentre “a Stoccolma hanno valutato e deciso in una giornata”, ha spiegato il medico, che aggiunge: “Mi accusano di aver falsificato il curriculum, leggo sui giornali che il Karolinska Institutet di Stoccolma non mi avrebbe mai chiamato, che i pazienti operati da me non stanno bene. Nove su nove stanno benissimo e sono vivi”.

Ai colleghi Macchiarini non piace, il suo atteggiamento schietto e diretto e le sue affermazioni sul tagliare i costi inutili e risparmiare i soldi della sanità eliminando quei “5 reparti uguali creati per produrre posti” al Careggi non sono andate giù, e così un vlaio medico, quello che dovrebbe essere uno dei fiori all’occhiello della sanità italiana diviene un talento sprecato: “A Firenze lavoro come semplice dottore e mi fanno operare solo i casi disperati. Non ho poteri operativi, non decido su nulla. Invece devo averne”.

L’assenza di poteri rappresenta l’impossibilità di realizzare il suo ambizioso progetto, un centro-laboratorio di ricerche tra Firenze, Stoccolma, Londra e Mosca, in modo che i medici a spostarsi per apprendere e non i pazienti a dover emigrare per ricevere le adeguate cure. Ma il progetto sembra destinato a rimanere tale, in un panorama come quello italiano dove un valido medico richiamato nel suo paese ad oggi non ha ancora una cattedra che gli permetta di tramandare ai giovani il suo sapere: “Sono ritornato dopo 20 anni  nella mia Firenze ed ho trovato gli stessi baroni di un tempo, più forti che mai, circondati da figli, parenti e amici di amici. Che non hanno esitato ad ostacolarmi in tutti i modi”, e che non ostacolano solo lui, ma ognuno di noi, che viene barbaramente privato delle eccellenze nazionali che meritiamo.