Mafia non uccide bambini. Falso, ne fa strage: Annalisa Durante, Nicola Campolongo e…

Mafia non uccide bambini? Falso. Annalisa Durante, Nicola Campolongo e gli altri
Domenico, il bimbo di 3 anni ucciso in un agguato a Taranto (Foto da Fb)

ROMA – “La mafia non uccide le donne e i bambini”. Niente di più falso. Giuseppe Letizia, Annalisa Durante, Valentina Terracciano e Nicola Campolongo sono solo 4 delle piccole vittime della mafia. E ora arriva Domenicoucciso in un agguato a Taranto. Una vittima “collaterale”, l’obiettivo era Cosimo Orlandoil compagno della madre Carla Maria Fornari e che lo teneva in braccio.

Francesco La Licata su La Stampa ricostruisce i bambini vittime della mafia:

L’abbiamo visto nelle interviste canoniche, quasi estorte agli abitanti delle campagne di Palagiano, che, obbedendo alla liturgia autoassolutoria, bisbigliavano: «Non era mai successo». Non è vero che non è mai successo. I bambini sono stati sempre vittime innocenti delle mafie, dei delinquenti, persino delle ancestrali faide familiari mai sedate. È successo, è successo tante volte: in Campania, in Puglia, in Calabria e in Sicilia, dove da secoli si tramanda il falso mito (mafioso) dell’intoccabilità di donne e bambini”.

E Domenico, il bimbo di 3 anni ucciso nell’agguato a Taranto è solo l’ultima delle piccole vittime:

“Chi ricorda più Annalisa Durante? Era un’adolescente di Forcella, Napoli, abbattuta a revolverate – esattamente dieci anni fa – solo perché si trovava nella stessa stanza dove si combatteva una guerra di camorra. Nel suo diario aveva scritto: «Vorrei fuggire, a Napoli ho paura». E il piccolissimo Nunzio Pancali? Due anni, figlio del rione Sanità, stava in braccio alla zia quando fu colpito dal piombo dei killer che volevano la morte del padre. E così Gioacchino Costanzo, due anni, assassinato nel 1995 e Valentina Terracciano, due anni, «giustiziata» a Pollena, nel negozio dello zio. Una strage degli innocenti: Rosa Visone, 16 anni, rimasta a terra dopo uno scontro a fuoco tra camorristi e poliziotti l’8 novembre del 1986, a Torre Annunziata”.

Anche in Calabria le piccole vittime sono state molte:

“Nicola Campolongo, tre anni, bruciato insieme col nonno nel gennaio di quest’anno. Era coetaneo di Andrea Savoca, che nel 1991 morì tra le braccia del padre, colpito dai proiettili a quello destinati. E Domenico Gabriele? Pochi ricorderanno quel nome. Forse il soprannome può aiutare la memoria: lo chiamavano Dodò e fu falciato dal fuoco delle ‘ndrine mentre correva in un campo di calcetto a Crotone”.

E l’elenco è ancora lungo, se si aggiungono le vittime della mafia in Sicilia:

“«Le donne e i bambini non si toccano» recita la legge fasulla di Cosa nostra. Ma la mafia, si sa, predica bene e razzola male. Lo sanno bene i familiari del piccolo Giuseppe Letizia, il pastorello che, nel 1948, vide Luciano Liggio assassinare il sindacalista Placido Rizzotto e gettarlo nella foiba di Roccabusambra, a Corleone. Per zittirlo, fu portato in ospedale e ucciso, con una iniezione d’aria, dal direttore sanitario e capomafia, Michele Navarra. Paolino Riccobono, invece, fu ucciso a fucilate all’inizio degli Anni 60, nelle campagne di Tommaso Natale, borgata palermitana ad alta densità mafiosa. Fu vendetta, conseguenza della faida fra le famiglie Riccobono e Cracolici”.

I commenti sono chiusi.

Gestione cookie