“Manzoni non sa scrivere in italiano” dice Albertazzi che però lo interpreta a teatro

Pubblicato il 28 Aprile 2010 - 12:13 OLTRE 6 MESI FA

“A vent’anni non leggi Manzoni perchè è davvero noioso, ma se a ottanta non l’hai letto vuol dire che sei un po’ più povero. Albertazzi da’ un giudizio “greve” su un autore importante che non legge. Confonde gli effetti con le cause, scambia la realtà con la sua rappresentazione e per rifiutare l’Italia dei Promessi Sposi – “sopa opera” – rifiuta lo scrittore che meglio di tutti l´ha raccontata, un po´ come quelli che per opporsi alla mafia danno del mafioso a Sciascia perché per primo l´ha descritta così bene”.

Francesco Merlo su Repubblica difende l’autore dei Promessi Sposi da Giorgio Albertazzi, l’attore che lo porterà a teatro a Milano ma che nonostante ciò si lascia andare a giudizi severi: Manzoni «non sa scrivere in italiano». Eppure, scrive Merlo, sarà proprio lui a interpretare il cardinale Federigo Borromeo, “un santo che gli sembra scipito  perché è l’oleografica incarnazione di quelle virtù astratte – bontà, carità, fede e speranza – che irritano “il conte Attilio Albertazzi”.

È terribilmente manzoniano “don Abbondio Albertazzi” che, scrive Merlo, non ha il coraggio di fare quel che in cuor suo vorrebbe e dovrebbe, cioè «disobbedire e recitare Raskolnikoff invece di adattarsi all´autorità, alla Curia, al committente Michele Guardì e, domani sera, nel Duomo di Milano, dare parole e anima a Egidio, a Gervaso e ad Agnese». Avrebbe voluto dire no “Albertazzi di Monza” perché «io le cose – ha dichiarato – le leggo quando mi va». Invece ha risposto “sì”.

Vedrete, sarà un trionfo, assicura Merlo, perché è davvero il migliore di tutti i nostri attori e perché è il carattere italiano perfettamente disegnato nei Promessi Sposi l’Albertazzi-Tramaglino che nell’osteria annaspa negli spropositi e dice che «Manzoni non sa scrivere».

Albertazzi dice di essere fermo ai suoi venti anni: «Non ho mica cambiato idea». Non gli piacciono i Promessi Sposi perché “ad ogni adolescente non piace il mondo degli adulti, cerca personalità appassionate ed eroiche, e magari i bravi gli piacerebbero se non fossero delinquenti”. Di don Abbondio disprezza la mancanza di carattere, di Renzo Tramaglino non sopporta l’assenza di ardore e di sessualità, Lucia gli ricorda il francobollo della mansuetudine, Gervaso gli sarebbe simpatico se non fosse scemo, don Rodrigo è mediocremente forte con i deboli e debole con i forti e anche Gertrude è solo una povera disgraziata che ammazza le novizie, una patetica donna a delinquere, prodotto feroce delle abitudini familiari bigotte. “Ma che bisogno ha – si domanda allora Merlo – Albertazzi di fingersi ancora adolescente?”

È invece terribilmente manzoniano “don Abbondio Albertazzi” che non ha il coraggio di fare quel che in cuor suo vorrebbe e dovrebbe, cioè disobbedire e recitare Raskolnikoff invece di adattarsi all’autorità, alla Curia, al committente Michele Guardì e, domani sera, nel Duomo di Milano, dare parole e anima a Egidio, a Gervaso e ad Agnese: «che ci posso fare, mi annoiano!».

«La verità è che non l´ho letto» ammette l’attore. Allora “se parli di un libro che non hai letto ti ricongiungi con l´infantilismo” chiosa il giornalista di Repubblica che ricorda quanto l’allegro luogo comune sull’autore dei Promessi Sposi: «È la scuola che ci fa odiare Manzoni».

Albertazzi ha reso inimitabili perché sempre diversi i suoi eroi, ricorda Merlo. “Accadeva anche agli altri due geni del nostro teatro, Vittorio Gassman e Carmelo Bene, il primo indimenticabile lettore del Manzoni con il lago di Como come palcoscenico ed entrambi protagonisti ineguagliati di due Adelchi”. Non c´è nulla da temere per lo spettacolo di domani sera. Sarà un vero trionfo per l’attore. Anche perché con la sua riluttanza “ha rivelato di essere antropologicamente un perfetto Renzo Tramaglino, l’italiano che vuole fare il diavolo a quattro e invece impara a memoria “addio monti sorgenti dall’acque…”.