La mappa sismica esisteva dal 2003, ma per le Regioni era facoltativa…

Pubblicato il 1 Giugno 2012 - 13:31 OLTRE 6 MESI FA

La mappa sismica dell'Ingv del 2003

ROMA – La mappa del rischio sismico in Italia esiste dal 2003. Regioni e Comuni avrebbero dovuto completarla con i dati relativi al proprio territorio. Avrebbero, perché il completamento era facoltativo. E così la mappa dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, Ingv, è rimasta ‘intrappolata’ nella burocrazia. Solo nel 2006 la mappa sismica è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale. Ma la legge che delegava agli enti territoriale la microzonizzazione delle zone a rischio è stata ignorata. E così nel 2012 ancora non esiste una mappa sul rischio sismico che sia davvero efficiente.

LA NASCITA DELLA MAPPA – Già prima del 2003 l’Ingv aveva compilato una mappa che indicava il pericolo in caso di terremoti nella pianura Padana, dove la terra trema dal 20 maggio. Le valutazioni scientifiche dei geologi sono rimaste inascoltate fino al terremoto del 2002 di San Giuliano di Puglia, in Molise, dove 27 bambini ed una maestra morirono nel crollo di scuola elementare.  Nel 2003 la mappa sismica viene pubblicata e la zona dell’Emilia viene riclassificata come a rischio di terremoti con magnitudo massima di 6.2 della scala Richter, ma solo nel 2004 la mappa viene accettata in maniera formale dalla Commissione Grandi Rischi e da esperti internazionali.

I DATI DELLA MAPPA – Carlo Meletti, primo tecnologo dell’Ingv, ha spiegato: “Il documento offre dei dati di base sul pericolo su cui si deve costruire il dettaglio”. La mappa contiene considerazioni sul tipo di suolo, sia esso piatto o di roccia, ma non sulle caratteristiche specifiche delle zone.

LA “PERSONALIZZAZIONE” – Regioni e Comuni avrebbero dovuto aggiungere dati alla mappa dell’Ingv e adattare le regole costruttive al tipo di area in considerazione. Un’azione che poteva essere assegnata a liberi professionisti, per valutare in funzione delle caratteristiche locali i danni che un eventuale terremoto potrebbe causare. Azione facoltativa, perché le Regioni non erano tenute a modificare i propri provvedimenti in base ad una legge nazionale. E così si arriva al 2006, con la mappa dell’Ingv abbandonata a prender polvere in qualche cassetto.

LA “LEGGE ABRUZZO” – Con la “legge Abruzzo” le Regioni avrebbero dovuto provvedere alla microzonizzazione del territorio, spiega Meletti: “Questa operazione è stata battezzata microzonizzazione proprio perché arriva a descrivere nei minuti particolari il territorio suggerendo le indicazioni più opportune. Ora la microzonizzazione, di pertinenza delle Regioni e dei Comuni è stata avviata in alcune località ma non dovunque. In qualche raro caso come la Regione Lazio la microzonizzazione è diventata un obbligo”. E’ solo dopo il terremoto a L’Aquila del 6 aprile 2009 che le “Norme tecniche per le costruzioni”, deliberate nel 2008, entrano in vigore per tutta l’Italia.

San Giuliano di Puglia, L’Aquila ed ora l’Emilia. Solo dopo la tragedia le Regioni ed i Comuni decidono di muoversi. La mappa sismica diventa così l’ennesima storia all’italiana di ritardi e intoppi nella rete della burocrazia. A rimetterci però non sono i burocrati, sordi all’avviso di pericolo, ma i cittadini che nei crolli hanno perso la casa, il lavoro, tutte le conquiste di una vita. E c’è anche chi l’ha vita l’ha persa, sotto le macerie di quegli edifici considerati sicuri e che sono crollati come castelli di carta. Una carta del rischio però ancora non esiste.