Maria Paola Gaglione, la famiglia crede al fratello: “E’ stato solo un incidente”

La famiglia Gaglione crede a Michele Antonio. Maria Paola, dicono, è morta in un incidente.

“Siamo sconvolti, una figlia morta e, dicono tutti, per colpa del fratello, ora chiuso in carcere”. La famiglia di Maria Paola Gaglione fatica ad affrontare la tragedia. Non credono alla versione dell’omicidio: “E’ stato solo un incidente”, dicono al quotidiano la Stampa prendendo le difese dell’altro figlio Michele Antonio. 

Secondo l’accusa il giovane avrebbe inseguito la sorella in sella al suo scooter, sulla strada tra Acerra e Caivano e l’avrebbe speronata fino a farla cadere. “Non volevo ucciderla, ma era infetta, volevo darle una lezione”, sarebbero le parole filtrate, riportate dalle agenzie di stampa, dette dal ragazzo agli investigatori. 

Maria Paola, 18 anni compiuti a luglio, era osteggiata dalla famiglia per la sua relazione con Ciro, 22 anni. Si erano conosciuti in quel mix di dignità e miserie umane che è il Parco Verde di Caivano (Napoli) quando lui era ancora Cira.

Il loro amore transgender, mai accettato dalla famiglia di lei, è finito tragicamente nella notte tra venerdì e sabato nel fosso di una stradina di campagna dove Maria Paola, in fuga con Ciro sullo scooter, è caduta battendo la testa contro una colonnina di cemento che provvede all’irrigazione dei vicini campi agricoli.

Un incidente come tanti se non fosse che a determinarlo, secondo le accuse, sarebbe stato il fratello di lei Michele Antonio, 30 anni, al termine di un inseguimento fatto di calci e tentativi di speronamento.

Con la sorella a terra esanime l’uomo, sempre secondo l’accusa, si sarebbe scagliato anche sul suo compagno che era sul selciato prima di rendersi conto delle condizioni in cui versava la sorella. 

“Cosa possiamo dire? Vogliamo conoscere la verità – racconta oggi la famiglia Gaglione – cosa è successo quella notte. È stato solo un incidente”.

“Michele era uscito per convincere Maria Paola a rientrare a casa ma non l’ha speronata, è stato un incidente” è la versione dei fatti fornita dai genitori riportata anche dal parroco del Parco Verde di Caivano don Maurizio Patriciello.

Non la pensa così la mamma di Ciro, Rosa Buonadonna, che invece accusa Michele Antonio Gaglione su Facebook “di aver commesso deliberatamente un omicidio perché non sopportava che la sorella frequentasse un uomo trans”.

La donna ha confermato le minacce ricevute dal figlio: “Mio figlio è stato sempre minacciato. Una volta sono venuti in cinque a casa nostra il padre, il figlio e altri. Dicevano che se Ciro si prendeva la figlia dovevo morire anche io, che mi avrebbero fatto chiudere la baracca dove vendo le sigarette per vivere. Sono sola, non ho un marito e devo andare avanti”.

Chi non si dà pace è proprio don Maurizio, da trent’anni alla guida della parrocchia di San Paolo apostolo al Parco Verde e prete di trincea su Terra dei Fuochi, droga e camorra.

Lui quei due ragazzi li ha battezzati e visti crescere. “Qui al Parco Verde – ammette amareggiato – sarà sempre peggio. D’altronde lo Stato ha deciso a tavolino che questo debba rimanere un ghetto. Quello che accade ne è solo la diretta conseguenza. E’ inutile, qui non c’è futuro”.

Così torna ad occupare le prime pagine il Parco Verde, ribattezzato Parco degli Orrori per il caso della piccola Fortuna Loffredo e da sempre mega piazza di spaccio.

“Anche Papa Francesco lanciò il suo grido di dolore. Dopo il caso di Fortuna – ricorda il parroco – ci fu una grande mobilitazione, ma spenti i riflettori le istituzioni sono sparite”.

“Tra un po’ andrò via – annuncia – sto qui da 30 anni, e auguro il meglio a chi verrà dopo di me. Ma senza lo Stato chiunque verrà non potrà andare oltre la celebrazione di funerali e matrimoni. Qui non c’è futuro, abbiamo perso tutti”. (Fonti: Ansa, La Stampa).

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