Mario Mori assolto. Fiandaca, mentore dei pm: “Solo ipotesi e sociologia”

Mario Mori assolto. Fiandaca, mentore dei pm: "Solo ipotesi e sociologia"
Mario Mori assolto. Fiandaca, mentore dei pm: “Solo ipotesi e sociologia”

PALERMO – Mario Mori assolto. Fiandaca, mentore dei pm: “Solo ipotesi e sociologia”. “C’è un giudice a Palermo”, sibila il generale Mori alla lettura della sentenza che lo assolve nel processo di Palermo per il mancato arresto di Bernardo Provenzano. “Vergogna”, gridano invece gli attivisti di “Agende Rosse”, seguiti dalle dichiarazioni di Leonardo Guarnotta, capo di tutti i giudici del tribunale, che a un dibattito pubblico ammonisce che “uno Stato come il nostro, che ha paura di conoscere la verità, è senza futuro”. Sullo sfondo, la presunta trattativa Stato-mafia, oggetto di un processo multiplo che da 5 anni cerca di far luce su quel patto scellerato che avrebbe condannato a morte il giudice Paolo Borsellino, contrario a ogni intesa con il nemico mafioso.

Nello scontro tra colpevolisti e innocentisti (che di riflesso alimenta una smisurata campagna mediatica) si confrontano due culture, due visioni della giustizia che, nella semplificazione inevitabile che segue l’aumento dei decibel della polemica, separa i garantisti a ogni costo, a destra, dai giustizialisti a prescindere, a sinistra. Nel delicato passaggio dell’assoluzione Mori (una sorta di bocciatura dell’intero impianto accusatorio) assume particolare significato la posizione di Luigi Fiandaca, il quale, secondo quella logica elementare, dovrebbe appartenere al popolo che sostiene le toghe palermitane. Una intervista sul Corriere della Sera segue altre sue diffuse argomentazioni pubbliche con cui smonta pezzo per pezzo le tesi dell’accusa. La sentenza Mori non giunge per lui inaspettata. Chi è intanto Fiandaca?

Il professore che ha allevato i pm di Palermo, il cattedratico che ha lavorato con il pool antimafia dai tempi di Falcone e Borsellino dispensando, anche da componente del Csm, consigli tecnici su associazione mafiosa, pentiti e reati da tipizzare […] un’autorità in Diritto penale, da sempre nel cuore della Sinistra, il suo dipartimento di Palermo considerato un laboratorio scientifico, adesso attaccato duramente dall’ala più vicina a quei pm, compresi i fan di movimenti come le «Agende rosse» (Felice Cavallaro, Corriere della Sera).

Un luminare, quindi. Le sue circostanziatissime critiche ai suoi ex allievi poggiano su un’idea di prassi accusatoria che non può limitarsi alle ipotesi, deve restare ancorata ai fatti e alle responsabilità contestate senza deviare verso improbabili ricostruzioni socio/storiche incongrue in sede di dibattimento. Dove sono le prove? dice Fiandaca.

In un tribunale non basta ipotizzare. Ho letto la loro memoria. Venti paginette. Le prime quindici dalla nascita del mondo alla caduta del Muro di Berlino in un affresco sociologico. Le altre cinque tentando di contestare il reato di violenza o minaccia a un corpo politico dello Stato, reato che però considero sbagliato configurare in questo caso»

Gli errori dei pm di Palermo rivelano, secondo Fiandaca, approssimazione e deficit di cultura giuridica, con l’impressione che i magistrati cerchino più il conforto nell’appoggio popolare e mediatico piuttosto che nella dottrina giuridica. E non risparmia nessuno dei suoi ex discepoli, il maestro non fa concessioni.

Mi dispiace per questi magistrati che conosco bene. Ingroia è stato mio allievo, gli voglio bene, però questo non mi impedisce di essere critico. Di Matteo non lo conosco bene, ma a prescindere dai singoli magistrati ho l’impressione che campeggi un orientamento di tipo sostanzialistico, non sufficientemente attento ai principi e alle categorie del diritto penale. Ma bisogna pure che qualcuno lanci l’allarme su questa deriva giuridica. E sono contento che mi arrivino tanti attestati di solidarietà da professori di diritto, da giudici, anche da magistrati dei Verdi e di Magistratura democratica… tutti stanchi di questa “trattativa” pompata dai media».

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