Masano (Bergamo): chiesa gremita ai funerali del prete suicida dopo la puntata delle ‘Iene’

Pubblicato il 1 Dicembre 2010 - 21:59 OLTRE 6 MESI FA

La basilica del santuario di Caravaggio, in provincia di Bergamo e diocesi di Cremona, era gremita oggi per il funerale di don Sergio Recanati, il sacerdote originario di Masano (Bergamo) che si è tolto la vita domenica mattina, gettandosi sotto un treno. Il prete alcuni mesi fa era finito nel mirino della trasmissione tv ‘Le Iene’ con l’accusa di aver molestato due ragazzi fingendo di fornire loro un supporto spirituale.

La messa funebre è stata celebrata dal vescovo di Cremona Dante Lafranconi, alla presenza di una novantina di sacerdoti. Seduti fra i banchi, in prima fila, gli anziani genitori e i familiari. Dietro di loro ha preso posto molta gente comune, arrivata da Caravaggio e dalle sue frazioni e dai paesi limitrofi del Cremonese e della Bergamasca come Misano, Vailate, Arzago, Capralba e Rivolta d’Adda. Don Sergio era molto conosciuto ed apprezzato da tutti per la sua gentilezza. Ordinato prete nel giugno del 1983, era stato vicario ad Arzago, Vailate e Castelleone, in provincia di Cremona e dal 1992 svolgeva il servizio di sacerdote cooperatore al santuario di Caravaggio.

”La misericordia del Signore – ha detto nell’omelia il vescovo di Cremona – ha il potere di riscattare le nostre colpe. Gli uomini giudicano, Dio perdona. E’ in questo passaggio che si esprime in tutta la sua verita’ il mistero di Dio che visita il genere umano. Un cristiano non teme di chiedere perdono, perché alla radice sa di poterlo trovare”. Non è mancato un riferimento ai mass media. Don Sergio comparve in un video della trasmissione di Mediaset ‘Le Iene’ che lo riguardava nel quale faceva avances a un attore che si fingeva minorenne bisognoso di aiuto. Nonostante le immagini avessero mostrato un sacerdote con il volto oscurato e la voce camuffata molti lo riconobbero. Il vescovo ha invitato a riflettere sul potere di chi ”si permette di scrivere di tutto e di tutti senza pensare alla loro sofferenza”.