Massimo Bossetti: “Quel furgone non è mio, vi spiego perché”

di redazione Blitz
Pubblicato il 11 Marzo 2016 - 16:53 OLTRE 6 MESI FA
Massimo Bossetti: "Quel furgone non è mio, vi spiego perché"

Massimo Bossetti: “Quel furgone non è mio, vi spiego perché”

BERGAMO – Massimo Bossetti, nel suo interrogatorio davanti al pm Letizia Ruggeri, ha “escluso categoricamente” che sia il suo furgone quello ripreso dalle immagini di telesorveglianza delle aziende nei pressi della palestra da cui scomparve Yara Gambirasio. Secondo Bossetti, “molti elementi” del suo furgone Fiat Daily sono diversi rispetto a quelli del mezzo che compare nelle immagini. Forse già nella prossima udienza Bossetti potrà argomentare queste sue affermazioni sulla scorta dei fotogrammi che saranno proiettati in aula.

“Se uno è innocente, su che cosa deve cedere?”. Lo ha detto Bossetti, rispondendo alle domande dei suoi avvocati che gli chiedevano se avesse subito pressioni, in carcere, perché confessasse. “Ho ricevuto pressioni da tutti”, ha spiegato senza fare dei nomi. Bossetti ha aggiunto che sua moglie, durante i colloqui, gli fece un “quarto grado”. “Se avessi mentito me lo avrebbe letto negli occhi”. Bossetti ha raccontato che dopo essere stato arrestato, era “disperato, distrutto”. “Ho tentato il suicidio”, ha aggiunto. “La cosa che mi ha permesso di andare avanti è stata l’unica fotografia che avevo in cella: quella della mia famiglia”.

Nella vicenda di Bossetti ultimamente è entrata anche una donna misteriosa. Una certa Gina con la quale Bossetti scambia lunghe lettere.

Scrive Libero:

E da tempo c’ è una corrispondenza tra Bossetti e un’ altra detenuta: dopo aver visto l’ uomo di Mapello in televisione, la donna ha deciso di scrivergli ricevendo risposte puntuali. I due non si possono vedere né si sono mai incontrati durante gli spostamenti all’ interno della casa circondariale. Ma evidentemente scambiarsi qualche scritto è di reciproco conforto. Bossetti viene descritto come un detenuto modello. Poche parole con gli agenti di polizia penitenziaria, ancora meno con i compagni di sventura. Ora è ospitato in un’ ala che custodisce gli uomini accusati o condannati per reati di tipo sessuale. Sono una ventina in tutto. Bossetti divide la cella con un’ altra persona, un italiano, e non ha mai dato problemi.

Condividono uno spazietto che prevede anche un bagno con porta battente. Mentre fuori dal carcere Bossetti è ricercatissimo dalle tv, dentro è considerato un signor nessuno. Praticamente invisibile. Sibila qualche «buongiorno» e «buonasera» e nulla di più, anche se s’ è lamentato perché qualcuno lo chiama «ammazza-bambini». Forse, è così sulle sue perché scottato da un precedente compagno di cella, Loredano Busatta, che aveva spifferato presunte confidenze di Bossetti sul delitto. Racconto che non ha trovato riscontri mentre un altro detenuto, Rodolfo Locatelli, ha spiegato di non aver mai raccolto confessioni dal presunto omicida di Yara, descrivendolo assai riservato. Ora è spuntata questa Gina, con una domanda che la pm ha buttato lì a Marita Comi, poco dopo che la moglie del grande accusato s’ era presa la responsabilità di aver navigato in siti pornografici. «È inammissibile!» era saltato su il Bossetti, furibondo per l’ incalzare di domande così intime. Marita ha detto il vero, oppure ha mentito per proteggere l’ uomo che ama? A quel punto ecco l’ interrogativo della pm Letizia Ruggeri: «Lei sa qualcosa dei rapporti di suo marito con una certa Gina?».