Non ti presenti all’altare? Non devi pagare alcun danno morale

Pubblicato il 4 Gennaio 2012 - 23:59| Aggiornato il 5 Gennaio 2012 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – La libertà nella scelta di sposarsi deve ricevere la massima tutela e per questo la Cassazione ha stabilito che, nel caso di ripensamenti dell’ultimo minuto, chi rompe la promessa di matrimonio senza alcun giustificato motivo deve risarcire al partner ‘mollato’ soltanto le spese sostenute in vista della cerimonia e non anche i danni morali patiti per l’improvvisa e inaspettata rottura.

Con questa decisione – contenuta nella sentenza n. 9, tra le prime ad essere depositate nel nuovo anno – la Suprema Corte ha dato ragione a un promesso sposo siciliano, di Paternò (Catania), che due giorni prima del fatidico ‘sì’ aveva mandato a monte il matrimonio senza nessuna valida ragione.

La ex, Paola F., non aveva preso bene la ‘ritirata’ e aveva intrapreso le vie legali. Sia in primo grado che in appello, la fidanzata aveva ottenuto la condanna di Giovanni C. a risarcirle 9.875 euro per le spese vive sborsate per il fatidico ‘sì’ e per le ”obbligazione contratte” sempre in vista dell’evento, come la fornitura delle bomboniere e la prenotazione del ristorante.

In appello Paola F. aveva ottenuto, in aggiunta, anche ulteriori 30.000 euro come risarcimento dei danni non patrimoniali ossia per i danni morali patiti per la brusca rottura. In Cassazione Giovanni C. ha protestato e chiesto di non pagare i danni morali in quanto ”il recesso dalla promessa di matrimonio non costituisce illecito dal momento che la legge vuol salvaguardare fino all’ultimo la piena libertà delle parti di decidere se contrarre o non contrarre matrimonio”.

I supremi giudici gli hanno risposto che ”il recesso senza giustificato motivo configura pur sempre il venir meno alla parola data ed all’affidamento creato nell’altra persona, quindi la violazione di regole di correttezza e di autoresponsabilità che non si possono considerare lecite o giuridicamente irrilevanti”.

Tuttavia, la Cassazione aggiunge che e’ vero che ”la legge vuol salvaguardare fino all’ultimo la piena ed assoluta libertà di contrarre o non contrarre le nozze”, pertanto anche il ”recesso senza giustificato motivo” non va incontro ”alla piena responsabilità risarcitoria” poiché ”un tale regime potrebbe tradursi in una forma di indiretta pressione di chi ha promesso di sposare qualcun altro, nel senso dell’accettazione di un legame non voluto”.

Così la Suprema Corte ha cassato il riconoscimento dei 30 mila euro per i danni morali in favore di Paola F. confermando, però, alla fidanzata mollata, la liquidazione dei 9.875 euro di spese vive perché sarebbe ingiusto che il danno ”subito” da chi ”incolpevolmente” viene lasciato a ridosso della data fissata per le nozze ”rimanga del tutto irrisarcito”.