Medici carestia: 14 milioni di italiani tra 5 anni resteranno senza

di Alessandro Camilli
Pubblicato il 3 Settembre 2018 - 12:08 OLTRE 6 MESI FA
Medici, carestia senza fine: 14 milioni di italiani tra 5 anni resteranno senza

Medici carestia: 14 milioni di italiani tra 5 anni resteranno senza (foto d’archivio Ansa)

ROMA – Carestia di camici bianchi. E’ questo lo scenario che abbiamo davanti. Nel giro dei prossimi 5 anni andranno infatti in pensione oltre 40mila medici, lasciando 14 milioni di italiani orfani del medico di base [App di Blitzquotidiano, gratis, clicca qui,- Ladyblitz clicca qui –Cronaca Oggi, App on Google Play]. Questo perché i dottori che usciranno dal mercato del lavoro non saranno sostituiti se non in parte per colpa, in primis, di un’errata programmazione.

E allora addio al prof Guido Tersilli che andava a caccia dei mutuati, tra poco saranno i pazienti ad andare a caccia del medico della Asl. Un risultato che, secondo il dottor Silvestro Scotti, segretario della Fimmg (Federazione italiana medici di medicina generale), è imputabile prima di tutto a un’errata programmazione da parte delle regioni: “Per convenzione si è stabilito che ci dovrebbe essere un medico di famiglia ogni mille abitanti. Ciascuna regione in base alle previsioni dei flussi di popolazione determina il fabbisogno di nuovi camici bianchi e lo comunica al Ministero che, stando ai dati ricevuti, stabilisce le borse di studio per il corso di medicina generale. Ma quasi tutte le regioni non hanno mai modificato il loro fabbisogno. Faccio l’esempio della Lombardia: l’anno scorso ha chiesto 20 posti in più, ma per anni ne ha indicati solo 80. È possibile che la regione più popolosa d’Italia preveda lo stesso ricambio di medici della Campania?”.

Così si è creato quello che viene definito un ‘imbuto formativo’, con il nostro sistema di formazione che sforna meno medici di quelli che serviranno. A mancare non saranno però i laureati in medicina, ma le borse disponibili per essere formati come medici di base. Le borse per il corso di formazione in medicina generale sono infatti 1.100 l’anno, sottolineano i sindacati, e da qui a un decennio il conto è presto fatto. Se il numero delle borse resterà costante, saranno rimpiazzabili non più di 11mila medici.

Ma tra 10 anni l’emorragia sarà ancora più grave, con 33.392 medici di base (il 70% degli attuali) e 47.284 ospedalieri in pensione nel 2028. In tutto 80.676 camici bianchi. “Non c’è una carenza di medici in termini complessivi – spiega Scotti -. Ogni anno abbiamo 8-9.000 laureati in medicina. A fronte di questi numeri, lo Stato eroga 6.000 borse per i corsi di formazione per specialisti e circa 1.000 per la medicina generale. Restano quindi fuori 2.000 colleghi che non hanno la possibilità né di lavorare in ospedale né di diventare medici di famiglia, ma solo fare delle sostituzioni. Per ora, assistiamo a un paradosso: i medici ci sarebbero ma, mancando le coperture economiche, lasciamo giovani colleghi a spasso e importiamo professionisti da altri Paesi dell’Ue che hanno frequentato corsi di formazione riconosciuti da noi”.

La desertificazione dei medici si farà sentire soprattutto in Lombardia, nel Lazio, in Campania e in Sicilia. Nel 2022, in Campania andranno in pensione 1.619 medici, nel Lazio 1.313, in Lombardia 1802 e in Sicilia 1.396. Sempre in queste stesse regioni si registrerà anche il maggior numero di pensionamenti da qui al 2025 per i medici ospedalieri del Servizio sanitario nazionale. A proporre una possibile soluzione è il presidente della Simg, la Società di Medicina generale e delle cure primarie. “Intanto – avvisa – va messa mano al numero chiuso, andrebbe ridefinita la quota di accesso all’Università in base alle esigenze. Secondo, il compenso del tirocinio dovrebbe essere identico, mentre ora un medico di base è pagato 800 euro al mese contro i 1.800 euro che riceve uno specializzando. Ma la ricetta che proponiamo da tempo è più strutturale: una capillare riorganizzazione degli studi medici che parte dalla constatazione che il 55% dei medici di base lavora da solo e perde il 40% del tempo per seguire pratiche burocratiche. Se lo aiutassimo con una segretaria, magari condivisa con altri professionisti e con un infermiere, ogni medico potrebbe supportare 2mila pazienti invece dei 1.500 previsti dal massimale, dedicandosi davvero agli aspetti medici più che burocratici. E con un notevole risparmio per lo Stato perché lo stipendio di un infermiere o di una segretaria varia tra i 25 e i 35mila euro, contro i 110mila euro dello stipendio di un medico di famiglia”.