Melania. Salvatore Parolisi arrestato per l’omicidio. “Sono innocente”

Pubblicato il 19 Luglio 2011 - 09:18| Aggiornato il 20 Aprile 2018 OLTRE 6 MESI FA

ASCOLI – Gli sono arrivate le manette ai polsi dopo mesi di contraddizioni, di bugie, di incontri frugali: Salvatore Parolisi alla fine è stato arrestato anche se grida la sua innocenza: “Io in carcere, l’assasino è libero”. Il gip di Ascoli Carlo Calvaresi ha così accolto la richiesta della Procura, che voleva in carcere il caporalmaggiore dell’esercito per l’omicidio volontario Melania Rea. Fino a qui è un unico sospiro dopo tre mesi di indagini da quel pomeriggio del 18 aprile scorso, nel Bosco delle Casermette, nel Teramano.  Ma c’è di più, non solo l’omicidio, c’è la crudeltà ad aggravare la posizione dell’uomo. “Gli auguro tutto il male del mondo”, ha urlato il padre di Melania Rea.

Le bugie che ha detto sono tante, dalle contraddizioni sul telefonino, alle sue amanti, all’incontro programmato con la soldatessa Ludovica a Pasqua. Poi ancora le tracce di sangue in macchina che sono state ripulite, smacchiate con attenzione: l’ultima traccia che potrebbe aver incastrato Parolisi per l’omicidio della moglie sono proprio delle goccioline sul montante della portiera della sua macchina. Una di sicuro, dicono gli esami, è sangue.

Ha davvero ucciso lui Melania? Secondo i rilievi del Ris quelle tracce sono state diluite e si trovavano sul lato passeggero dell’auto, «come se qualcuno avesse tentato di diluirle con un’azione di strofinamento». Le ha cancellate, o almeno ci ha provato. Ha tentato di nascondere qualcosa che evidentemente avrebbe potuto destare sospetti.

C’è anche un’altra domanda ancora da chiarire: quel sangue è di Melania, è legato all’omicidio o è di Ludovica (che aveva dichiarato di aver fatto sesso con Parolisi anche in quei giorni)? E poi non è detto che il marito di Melania, sempre che sia lui l’assassino, fosse da solo perché sotto l’unghia dell’anulare sinistro è stato trovato un profilo misto di Dna: di una donna e della stessa vittima, come emerge dalla perizia medico-legale. Un particolare che rafforza, in linea teorica, l’ipotesi che una donna le abbia sfilato l’anello di fidanzamento con brillante trovato poi vicino al cadavere.