“Mensopoli” a Genova: Profiti arrestato e poi assolto per non aver commesso il fatto

Pubblicato il 4 Maggio 2010 - 10:04| Aggiornato il 15 Luglio 2017 OLTRE 6 MESI FA

Giuseppe Profiti con il cardinale Tarcisio Bertone

Condannato e poi assolto. Così si è conclusa, in Corte di Cassazione, la vicenda giudiziaria di Giuseppe Profiti. Profiti costituisce un esemplare della nuova classe dirigente di stampo “cattolico” cui diceva di pensare il cardinale Tarcisio Bertone. Era stato condannato a sei mesi di carcere dal Tribunale di Genova per lo scandalo “Mensopoli”, un giro di mazzette per gli appalti delle mense scolastiche e ospedaliere del capoluogo ligure, che a metà 2008 travolse l’amministrazione comunale.

Alla fine Profiti è stato assolto – per non aver commesso il fatto – dalla sesta sezione della Corte di Cassazione. Giuseppe Profiti, professionista legatissimo alla Curia, fino al gennaio del 2008 era stato direttore generale delle risorse umane e finanziarie della Regione Liguria. Poi, a inizio 2008, era stato nominato presidente dell’Ospedale Bambin Gesù di Roma, grazie ai buoni uffici del segretario di Stato, carica che ancora detiene. Qualche mese fa, come riportato da Blitzquotidiano,  il suo nome era entrato a far parte anche del nuovo consiglio di amministrazione dell’Università Cattolica (che resterà in carica fino al 2013).

Profiti, accusato di turbativa d’asta è stato condannato con il rito abbreviato dal gup Marina Orsini. Il pm Francesco Pinto aveva chiesto un anno di reclusione e mille euro di multa. Per gli altri quattro imputati, Claudio Fedrazzoni e Massimo Casagrande, ex consiglieri comunale dei Ds, l’ex portavoce del sindaco Vincenzi, Stefano Francesca e l’imprenditore Roberto Alessio, il tribunale ha accettato il patteggiamento a 18 mesi di carcere.

Due anni dopo lo scandalo e gli arresti per le tangenti milionarie, pagate o solo promesse, per garantirsi gli appalti delle mense scolastiche e ospedaliere di Genova e Savona, il conto di Mensopoli è davvero salato e alla fine lo pagano tutti. Ma se la “band di Casagrande” aveva già ammesso le proprie responsabilità, chiedendo di patteggiare la pena, la svolta è arrivata invece con i sei mesi di reclusione inflitti, con i benefici della condizionale, a Giuseppe Profiti.

Il manager preferito dal Vaticano aveva scelto di affrontare il processo con rito abbreviato, nella convinzione di uscirne immacolato: non è stato così. Per il gup, Marina Orsini, anche lui colpevole. Il tribunale ha accolto la tesi di Francesco Pinto. Il pubblico ministero, nella primavera di due anni fa, aveva chiesto ed ottenuto la serie di clamorosi arresti che avevano provocato un terremoto politico che rischiò di travolgere la giunta comunale di centrosinistra eletta solo un anno prima. Il primo a finire in manette era stato Stefano Francesca, allora portavoce del sindaco Marta Vincenzi.

Tre in tutto i filoni d’inchiesta per i quali il gup Marina Orsini si è pronunciata. Quello genovese riguarda le mense scolastiche del Comune di Genova conclusosi con i patteggiamenti dei tre politici e dell’imprenditore di Vercelli. Per quanto riguarda l’accusa di associazione per delinquere, per tutti e quattro il gup ha dichiarato il non luogo a procedersi perché il fatto non sussiste. Fedrazzoni e Alessio sono accusati di corruzione e turbativa d’asta mentre Francesca e Casagrande solo di corruzione. Casagrande ha patteggiato anche per il suo coinvolgimento nell’altro filone d’inchiesta, quello sulla vendita dell’area dell’ex oleificio Gaslini per la quale è stato rinviato a giudizio Gino Mamone, titolare della società di demolizioni e bonifiche Eco.Ge e Paolo Striano (ex assessore comunale della Margherita) accusati di corruzione. Per questi ultimi il processo è stato fissato al 6 ottobre.

Il terzo filone è appunto quello riguardante la gara per l’aggiudicazione dell’appalto dei servizi di ristorazione dell’Asl 2 di Savona che ha visto coinvolti Profiti e altri due imputati. Si tratta di Alfonso di Donato, ex direttore amministrativo della Asl e la funzionaria Antonella Calò: per entrambi il gup ha disposto il trasferimento degli atti al tribunale di Savona per competenza territoriale.

La vicenda esplose nel maggio 2008 con cinque ordini di custodia cautelare: quattro in carcere (gli imputati che hanno patteggiato oggi) e uno agli arresti domiciliari (Profiti). Fu anche indagato l’assessore comunale ed ex segretario dell’Arci Massimiliano Morettini la cui posizione, anche su richiesta dello stesso pm Pinto, fu archiviata. Soddisfazione è stata espressa dal pm perché, ha detto, «é stato riconosciuto l’impianto accusatorio sia per le problematiche corruttive sia per la turbativa d’asta». Per l’accusa di associazione per delinquere lo stesso Pinto aveva chiesto il proscioglimento. «Si trattava – ha detto – di un comitato di malaffare che è stato sventato prima che potesse diventare un’associazione». Anche i difensori dei quattro imputatiche hanno patteggiato si sono detti soddisfatti per la caduta dell’accusa di associazione per delinquere, per la quale – hanno detto – «non c’erano elementi».