Michele Misseri: “Ho ucciso io Sarah. Sabrina e Cosima sono innocenti”

Pubblicato il 31 Maggio 2011 - 11:28 OLTRE 6 MESI FA

Michele Misseri (foto LaPresse)

AVETRANA –  “Non dovevo uscire io, ma Sabrina e Cosima che sono innocenti. Se le condannano la mia morte sarà sulla tomba di Sarah”. In un intervista esclusiva a La Stampa Michele Misseri torna ad accusarsi dell’omicidio della nipote Sarah Scazzi, per cui sono ora indagate la moglie Cosima Serrano e la figlia Sabrina Misseri. Misseri giura “sulle ossa della madre” la sua colpevolezza e giustifica il suo atto come un momento in cui “è andata via la testa”.

Prima mostro e assassino rinchiuso in carcere, dopo otto mesi eroe che torna a casa tra gli applausi dei suoi concittadini. Ora torna a professare la sua colpevolezza e a scagionare figlia e moglie, che sono detenute nello stesso carcere e accusato dell’omicidio di Sarah. “Ho sentito un calore che dalle spalle è salito alla testa. –  spiega Misseri, che aggiunge – A chi non mi crede quando dico che non so cosa mi sia successo, dico che le cose bisogna provarle”.

L’omicidio di Sarah sarebbe quindi dettato da uno sfogo di rabbia, una rabbia accumulata a partire da maggio, dovuta ad una crisi personale e con la moglie Cosima, che “si sfogava con me, ma io mi tenevo tutto dentro”. Goccia che inclina il già precario equilibrio di zio Michele è Sarah: “quel maledetto 26 agosto io stavo arrabbiatissimo perché il trattore non partiva e pensavo che tutti ce l’avevano con me, gridavo e Sarah è venuta a vedere, questo ho pensato. Io gli ho detto vattene, ma lei mi doveva dire qualcosa, allora l’ho sollevata di peso, l’ho girata per cacciarla”.

Continua il suo racconto Michele Misseri: “quando mi ha dato un calcio sono esploso, tutta la mia rabbia l’ho messa sopra di lei. Avevo una corda sul parafango del trattore e gliela ho girata due volte al collo. Sarah aveva il telefonino in mano ed è caduto aprendosi in due. Quando l’ho lasciata lei è caduta con il collo sul compressore e quando l’ho presa da terra aveva il collo storto”. Questa è l’ultima versione di zio Michele, che stringe il suo fascio di fogli protocolli affermando “qui c’è la verità”, una verità che può raccontare solo al giudice, perché della procura dice: “dopo che ho visto quello che hanno fatto con le lettere non l’ho più dato”.

Racconta di come ha seppellito la nipote Sarah nel pozzo e che vuole tornare in carcere, perché “so quello che ho fatto e devo pagare. Volevo ammazzarmi prima di andare in carcere con il veleno che usavo per pompare le olive. E adesso mi ammezzerei ma non lo faccio perché ci sono due innocenti in carcere”. Parla dei compaesani che ha riconosciuto mentre fischiavano all’arresto di Cosima e applaudivano la sua scarcerazione, dice che “non sanno quello che fanno, quelli non sono applausi, dovranno applaudire Sabrina e Cosima quando usciranno”, aggiungendo sicuro “perché sono stato io”.

Ma in carcere non c’è più Michele Misseri, i cui termini di custodia cautelare per le accuse di omicidio e vilipendio di cadavere sono ormai decorsi. Lui è tornato nella casa di Avetrana, con l’obbligo di firma presso caserma dei carabinieri tra le 17 e le 18, mentre moglie e figlia innocenti, secondo le sue parole, sono rinchiuse. Pensa a Sabrina, “come potrò chiederle perdono?”. Pensa a Cosima: “La capirò se non vorrà più parlarmi, per colpa mia c’è andata di mezzo”.

Continua ad accusarsi del feroce delitto, a spiegare come abbia fatto tutto da solo: “cosa ci vuole a sollevare 40 chili, tanto pesava Sarah e a volte la sollevavo con una mano”. Pensa alla nipote: “volevo tirarla fuori da quel pozzo perché due giorni dopo l’ho sognata che diceva “zio ho freddo”. Allora sono andato al pozzo ho legato la corda a un ceppo per uscirla fuori ma il pozzo era troppo stretto”. Medita il suicidio sulla tomba di Sarah, che per lui “era come una figlia”, e chiede il perdono a Dio, “ma non so se me lo ha dato”.