Milano/ Box, ritardi e prezzi raddoppiati. I clienti gridano alla truffa

Pubblicato il 20 Luglio 2009 - 11:45 OLTRE 6 MESI FA

I 267 cittadini che hanno comprato un box in via Govone, zona Mac Mahon, attendono da gennaio 2007 di firmare l’acquisto di fronte a un notaio. Dopo due anni e 3 mesi di ritardo sui lavori si apprestano, finalmente, ad usare il loro garage.

La situazione è ben peggiore in Piazza Risorgimento dove gli acquirenti, che si sono rifiutati di cedere ad aumenti di prezzo del loro garage, sono pronti ad andare in Tribunale per far valere i propri diritti.

Nuove perizie danno delucidazioni su come si sta gestendo l’affare box: dal 2001 l’«interesse pubblico» di ridurre il traffico ha dato il via a oltre duecento cantieri per parcheggi sotterranei, un giro d’affari da oltre un miliardo di eu­ro, finito per lo più in mano a 5 grossi gruppi di costruttori. Con un sistema di regole che garantiva sentieri e scor­ciatoie.

La procedura era la seguente: prima di tutto una gara d’appalto. I vincitori erano, quasi sempre, le aziende che si proponevano per prime. Secondo passo la fissazione dei prezzi medi a cui vendere i box. I cittadini accorrevano e presentavano la loro offerta.

A questo punto spuntavano misteriosamente una vasta gamma di ‘lavori imprevisti’ ed il prezzo saliva di 1o, 20, 50 per cento. Con il passaggio di consegne, da Albertini a Moratti, purtroppo le problematiche non sono diminuite.

La città è martoriata dai lavori. Questa è la ragione per la quale il Comune di Milano dice no agli aumenti: «Si ritiene che l’operatore non possa avan­zare richieste di danni a fronte di pro­lungamenti dovuti a una sua carente organizzazione del cantiere».

In sinte­si: aziende che prima avevano mano li­bera nell’allungare i lavori e alzare i co­sti, oggi si trovano di fronte il muro di Palazzo Marino. Risultato: due anni di braccio di fer­ro e rogiti non ancora firmati.

Impazzano le proteste dei cittadini: «Questo tirare in lungo è una sorta di ricatto». Gli acquirenti «precari» oggi hanno pa­ura: «Se i nostri box venissero pignora­ti, perderemmo tutto».