Montale. Latte materno alla diossina per colpa dell’inceneritore

di Jacopo Matano*
Pubblicato il 29 Gennaio 2010 - 15:21 OLTRE 6 MESI FA

«L’inceneritore causa la presenza di diossina nel latte materno». È la denuncia-shock del Comitato cittadino di Montale, che da anni si batte contro l’impianto di combustione dei rifiuti posto a pochi chilometri dal piccolo centro in provincia di Pistoia.

L’estate scorsa il gruppo di cittadini ha fatto eseguire a proprie spese alcune analisi sul  latte materno di due mamme-campione che abitano nella “zona rossa”, un’area compresa tra i comuni di Montale, Agliana e Montemurlo considerata a rischio per la ricaduta delle sostanze tossiche che emanano dall’inceneritore. I prelievi sono stati effettuati a una quindicina di giorni dal parto, il verdetto: presenza di diossine e Pcb (policlorobifenili).

Non è la prima volta che le analisi sugli effetti dell’inceneritore di Montale suscitano allarme. Nell’aprile del 2009, i controlli effettuati dalla Asl 3 e 4 di Pistoia riscontrarono la presenza delle stesse sostanze «in dosi significativamente elevate» negli animali dell’area a ridosso dell´inceneritore.

Secondo l’azienda sanitaria, però, non era provato che la causa della presenza di quelle sostanze tossiche fosse colpa dell’inceneritore stesso poiché gli animali vivevano in ambienti liberi ed erano esposti a diverse forme di inquinamento. Anche stavolta la Asl minimizza. «Le mamme devono assolutamente continuare ad allattare i loro bambini», affermano in una nota i responsabili del dipartimento di prevenzione della Asl 3, per i quali «non c’è stata sorpresa per i dati diffusi dal Comitato», che «si pongono esattamente fra i valori medi riscontrati sia in Italia sia in altri Paesi altamente industrializzati».

Non è d’accordo Patrizia Gentilini, l’oncologa che ha analizzato i risultati nel laboratorio del Consorzio interuniversiatrio di Chimica dell’ambiente di Marghera (VE) e che da tempo segue le vicende di Montale e di altri inceneritori in Italia. Per il medico l’esito delle analisi dimostra che «le sostanze chimiche che escono dai camini della struttura per i rifiuti pistoiese si ritrovano nei corpi degli uomini e degli animali».

Il sindaco di Montale, Davide Scatragli, si dice disposto a raccogliere l’allarme del Comitato. «Nelle prossime ore cercherò di capire meglio chi ha fatto questa analisi e dove vivono le donne esaminate dallo studio» ha spiegato il primo cittadino, che ha ribadito la necessità di nuovi controlli. Sulla stessa linea l’assessore all’Ambiente della Provincia Rino Fragai: «Da due anni abbiamo istituito un osservatorio che ha il compito di monitorare la situazione da un punto di vista sanitario». «L’impianto di Montale – ha tenuto a precisare Fragai – è fra i più controllati e non ci è stato segnalato nessun problema particolare».

Ma tra le istituzioni e il comitato è guerra aperta. «Le inopportune affermazioni date a suo tempo dalle istituzioni circa la totale assenza di Pcb nelle emissioni dell’impianto che brucia i rifiuti – hanno scritto i montalesi in una nota – trovano ora ulteriore smentita sulla base di indagini che i cittadini, di tasca loro, hanno provveduto ad eseguire».

*Scuola di giornalismo LUISS