Multato da Velok? Fai ricorso, è illegale: non previsto dal Codice della strada

Pubblicato il 11 Dicembre 2012 - 11:21 OLTRE 6 MESI FA
Multato da Velok? Fa ricorso, è illegale: non previsto dal Codice della strada

ROMA – Se sei stato multato per eccesso di velocità da un velok fa ricorso, potresti vincerlo. I velok, o speed check, sono i dissuasori della velocità ideati da Confservizi Veneto e utilizzati dai Comuni italiani da Verona a Roma, scrive Repubblica. La loro funzione è scoraggiare i guidatori ad eccedere con la velocità e prevenire gli incidenti. Ma per il Codice della Strada i velok non sono omologati, dunque sono illegali. L’accusa dei cittadini è che i Comuni le usino per batter cassa a suon di multe, piuttosto che per prevenire gli incidenti. E anche il ministero dei Trasporti ha espresso un parare negativo sull’utilizzo degli speed check, aprendo la dolente (per i Comuni) strada al ricorso delle multe.

Repubblica scrive:

“Tecnicamente le colonnine Velok, ideate dalla Confservizi Veneto e sperimentate nel comune di Corridonia nel 2007, sono dei dissuasori di velocità. Contenitori mobili in polietilene, fosforescenti e pesanti appena mezzo chilo, posizionati ai margini delle strade particolarmente trafficate o vicino agli incroci pericolosi. Indicano il limite e avvertono del controllo elettronico, ma non necessariamente hanno l’autovelox. È la municipale a decidere se e dove metterlo. Chi è al volante annusa il rischio della multa e, nel dubbio, alza il piede dall’acceleratore”.

I velok sono stati installati a Verona e in altre città italiane come Roma, Lucca, Frosinone e Biella. Un successo secondo i Comuni, che hanno visto il numero degli incidenti ridursi ed ha incassato le multe eseguite dai vigili, regolarmente appostati accanto alle colonnine. Ma ora una direttiva del ministero de Trasporti mette a rischio l’impiego dei velok:

“I manufatti in oggetto non sono inquadrabili in alcuna delle categorie previste dal Nuovo Codice della Strada e dunque per essi non risulta concessa alcuna approvazione”, si legge nel parere n°4295 firmato dal direttore generale Sergio Dondolini il 24 luglio scorso, a seguito di una richiesta del prefetto di Bergamo. “Poiché non possono essere qualificati come impianti, probabilmente non potranno essere ricondotti alla futura nuova disciplina… l’eventuale impiego come componenti della segnaletica non può essere autorizzato”.

Insomma, il Velok non è un impianto e nemmeno un segnale stradale. “Allo stato attuale – scrive Dondolini – l’unico impiego consentito è quello che prevede l’installazione al loro interno di misuratori di velocità”. E qui sta il paradosso delle colonnine arancioni. Se sono vuote, per il ministero sono oggetti non riconosciuti a lato della carreggiata. Se sono “armate”, con la presenza di un vigile urbano possono fare multe. Ce n’è abbastanza per alimentare qualche dubbio.

Nicola Mazzonetto, direttore di Confservizi Veneto, difende velok e spiega a Repubblica:

“Al ministero dei Trasporti ci hanno assicurato che non c’è bisogno di omologazione. È tutto in regola, il nostro progetto salva delle vite. Un kit base costa intorno ai 1500-2000 euro e prima di consegnarlo ai municipi organizziamo serate aperte ai cittadini per spiegarne il funzionamento”.

Non è della stessa opinione Mario Spadini, presidente di Federconumatori Pavia, scrive Repubblica:

“Quel parere ministeriale del 24 luglio però pesa. Dà voce a chi ritiene gli automobilisti già troppo tartassati da autovelox, T-Red e Tutor. L’utilizzo di quest’ultimo, tra l’altro, sarà esteso in futuro anche ai tratti autostradali con limiti di velocità provvisori, lungo i cantieri o in condizioni di nebbia. “I Velok sono l’ultima follia per fare soldi – sostiene Mario Spadini, presidente di Federconsumatori Pavia – mi risulta che non sempre le colonnine con autovelox attivo siano preventivamente segnalate, come prescrive la legge. A volte non sono presenti nemmeno gli agenti. Gli amministratori parlano di sicurezza, ma poi si scopre che il comune di Pavia con due macchinette sulla statale 35 ha emesso multe per 800 mila euro in sei mesi”.