Napoli, liberato il branco che pestò poliziotto: amici esultano su Facebook

Pubblicato il 4 Dicembre 2017 - 10:34 OLTRE 6 MESI FA
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Napoli, liberato il branco che pestò poliziotto: amici esultano su Facebook

NAPOLI – I giudici hanno scarcerato quattro delle otto persone che furono bloccate lo scorso 13 novembre dopo un’aggressione che si verificò il 26 giugno nel cuore della movida di Napoli. Aggressione feroce ai danni di un poliziotto in borghese e della sua famiglia. Ai domiciliari è finito Donato Belardo, 22 anni. Per lui la misura cautelare poggia sull’accusa di detenzione di arma e lesioni gravissime. Per il reato di rapina resta invece indagato a piede libero. Poi c’è Monica Amato, la 29enne figlia di Rosaria Pagano, quella “zia Rosaria” che nelle intercettazioni al cuore di inchieste dell’antimafia è indicata al vertice degli ‘scissionisti’, il gruppo Amato-Pagano da anni influente nei territori di Melito. Per la giovane Amato il Tribunale della Libertà ha disposto l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.

Le scarcerazioni sono state commentate anche nel mondo social. “Vedrete andrà bene e tornerete più forti di prima” i commenti di solidarietà. Nessun cenno alle accuse, nessun riferimento ai fatti. Sulla pagina social Monica Amato e il suo compagno festeggiano e ringraziano, postando foto di vita familiare. “Finalmente il relax”, “dopo quattordici giorni lontani”. Scarcerati anche Maurizio Pomo, 43 anni, e la moglie Concetta Madonna, difesi dall’avvocato Mariarosaria Genovese.

Come scrive Viviana Lanza scrive per Il Mattino:

Erano tutti lì quella terribile sera d’estate. Erano in otto e viaggiavano in moto, affiancati, in direzione di piazza Vittoria. La strada era praticamente occupata per tutta la sua larghezza. Giunti in largo Sermoneta il ‘corteo’ rallentò ulteriormente, generando una coda lunghissima di veicoli. Giusto dietro di loro un’Opel Zafira, con dentro un uomo insieme alla moglie e ai due figli piccoli. Con un colpo di clacson chiese di passare. Ma qualcuno di quegli otto si infastidì, si voltò indietro, ebbe da ridire: “Ma che vai di fretta? Non lo vedi che si siamo noi…scendi e facci vedere chi sei e che vuoi fare”.

Poi sistemò la moto di traverso sulla strada, stringendo ancora di più il passaggio. Un altro si avvicinò alla portiera dell’auto. Il poliziotto e la famiglia rientravano da un matrimonio e si ritrovarono in un incubo. L’agente si qualificò. La reazione del gruppo fu inusitata. Cominciò un vero e proprio pestaggio. Qualcuno colpì a calci e pugni, qualcun altro si armò con un casco. Il branco non avrebbe esitato a colpire anche la moglie del poliziotto. Terrore negli occhi della donna e dei bambini. Nella baraonda sparì dal braccio dell’agente un orologio, per giunta un caro ricordo del padre. Se alcuni picchiavano, altri incitavano. “È una guardia devi ucciderlo, la pistola che tiene è finta, devi ucciderlo”.