Napoli, figlia schiava della cocaina da 25 anni. La madre: “Mi ucciderà, inutili le denunce”

di redazione Blitz
Pubblicato il 22 Settembre 2017 - 05:55 OLTRE 6 MESI FA
Napoli, figlia schiava della cocaina da 25 anni. La madre: "Ho paura che mi uccida

Napoli, figlia schiava della cocaina da 25 anni. La madre: “Mi ucciderò, inutili le denunce”

NAPOLI – Sua figlia di 40 anni è fortemente dipendente dalla cocaina. La donna l’ha denunciata 12 volte ed ora dichiara sconsolata al Mattino di aver paura di essere uccisa. Siamo a Napoli in una famiglia bene che ha un’attività commerciale al Vomero. Alessia, la terza figlia di questa signora intervistata dal quotidiano napoletano, racconta la sua odissea e le sue tante denunce. L’ultima poco più di un mese fa agli agenti del commissariato San Ferdinando.

Anna, 65 anni, subisce minacce insulti e violenza dalla sua terza figlia di 40 anni: “Dammi i soldi o ti ammazzo”. Ora la donna teme che la figlia possa fare sul serio.

La tossicodipendenza di Alessia va avanti, si legge nella stessa denuncia, da circa 25 anni. Tutto è cominciato con qualche strano furto in casa. Ora Anna, assistita dall’avvocato Angelo Pisani, ha deciso di rivelare la sua storia per cercare di chiedere aiuto a qualcuno. Il Mattino l’ha intervistata.

“Quando ha scoperto che a rubare era sua figlia?
«Subito dopo la morte di mio marito, nel 2005».

Fino ad allora nessun problema?
«L’ho capito dopo che il padre in realtà la copriva. Lavoravano insieme, nello stesso negozio, io invece mi occupavo dell’altro e poco ne sapevo di quello che succedeva lì. Alla sua morte è venuto fuori tutto»”.

«Sapete che cosa mi dicono i poliziotti quando vengono a casa? Che sono beni di famiglia. Vuol dire che sono in parte anche suoi e quindi non si può considerare un furto»”.

Anna racconta al Mattino di aver subito in questi 15 anni botte, minacce e furti da parte della figlia tossicodipendente. A nulla servono le denunce che la donna continua a presentare:

“Purtroppo non sono servite a niente non ho mai visto un assistente sociale, un medico, qualcuno in grado di darmi anche solo un consiglio. Mi sto rendendo conto di essere sola in questa battaglia che quasi certamente perderò. La nostra società non prevede aiuti per chi vive un dramma come il mio”.