Napoli: nel palazzo di Fortuna mamme prostitute a 10 euro, nonni imbustano droga

di Elisa D'Alto
Pubblicato il 17 Ottobre 2014 - 11:07 OLTRE 6 MESI FA
Napoli: nel palazzo di Fortuna mamme prostitute a 10 euro, nonni imbustano droga

Napoli: nel palazzo di Fortuna mamme prostitute a 10 euro, nonni imbustano droga

NAPOLI – Mamme e giovani donne che si prostituiscono per 5 o 10 euro con i pensionati del quartiere. Gli uomini, i loro uomini, sono in gran numero in carcere. E al Parco Verde di Caivano si va avanti anche così. Con nonni che imbustano palline di cocaina nel cellophane termosaldato, bambini che fanno le sentinelle e garantiscono i traffici illeciti nella zona, guadagnandosi 50 euro al giorno.

E’ questo, anche questo, lo scenario in cui collocare la morte di Fortuna Loffredo, la bambina di 6 anni misteriosamente precipitata da un balcone (quale? Non si sa ancora) del palazzo in cui abitava. Caduta accidentale, o forse omicidio. Di certo Fortuna era una bambina abusata. E no, non parliamo di un episodio a cui magari è seguita quella caduta. Parliamo di abusi cronici e sistematici, come hanno rilevato i medici nell’autopsia. Quella di Fortuna è una storia di violenza, non un episodio di violenza, e fa tutta la differenza del mondo perché in questo caso parliamo di una rete di violenza, di “orchi”, di silenzi e di omertà a coprire il tutto.

Prima di lei, nell’aprile 2013, era “caduto” dal balcone anche Antonio 4 anni. E allora la storia dei bambini precipitati inizia ad avere una connotazione precisa: non due episodi distinti, due disgrazie, ma evidentemente il delitto di una persona o magari più di una, e si può immaginare l’appoggio, il silenzio di chissà quanti ancora.

Di Antonio però non potremo sapere altro. Dopo un anno e mezzo dalla morte non ci sono tessuti molli da analizzare alla ricerca di segni di violenza, dice nella sua brutale eloquenza la medicina legale. La morte di Fortuna, ora che è sulle cronache nazionali, alza il velo su quello che è il contesto in cui è avvenuta. Non saranno di sicuro tutti così gli abitanti di Caivano, ma la cronaca racconta di un contesto di miseria.

E la miseria è cosa diversa dalla povertà: non è solo mancanza di mezzi, di possibilità, è carenza economica che si fa morale, culturale, sociale. E’ quello che racconta, in piccolo, la storia di Fortuna, un nome che sembra una crudele beffa. Il papà in carcere per falsificazione di cd, a seguirla la mamma. Intorno a lei una storia di violenza in qualche modo presagita. Fortuna era seguita dai medici di un centro di riabilitazione di Aversa. Era, si evince, una bambina irascibile, con difficoltà di attenzione, a volte aggressiva, con ritardi nell’apprendimento.

La cosa deve aver, giustamente, preoccupato i parenti che l’hanno portata in un centro specializzato, ed ecco qualche conclusione dei medici: “Condotte ipercinetiche, ritardi nell’apprendimento scolastico, immaturità psicoaffettiva, difficoltà nell’attenzione. Instabilità motoria ed attentiva, scarso rispetto delle regole e dei ruoli, intolleranza alle frustrazioni con etero aggressività”. Questo scenario è compatibile con il comportamento di una bambina sottoposta ad abusi sessuali? Gli investigatori dovranno accertare proprio questo, possibilmente individuando il colpevole o i colpevoli.

La brutta storia di Fortuna lascia però doppiamente l’amaro in bocca: come si salvano le decine di bambini, che saranno gli adulti di domani, da un contesto del genere?